Distopia: la realtà è solo ciò che vogliamo vedere

Viviamo ormai in una continua distopia e la creatività è la nostra arma migliore per conviverci. Da "Don't look up" alle creazioni digitali

Il 2021 si chiude con un’unica certezza: la distopia è un’arma potentissima sulla mente delle persone.

Non a caso, il cinema ha puntato in modo lungimirante su questo filone, basti pensare all’ultimo tormentone innescato dal film “Don’t look up” o dalla serie tv coreana “Squid game”.

Scena tratta da “Don’t look up” di Adam McKay

 

Questo successo è decretato, sì, dalla genialità degli sceneggiatori, ma anche da uno stato reale di cose dettato per l’appunto dalla paura di vivere realmente in un futuro distopico. Da due anni, infatti, viviamo sotto l’onda della continua informazione catastrofica del Covid-19.

24 ore su 24 siamo rimbalzati da un’informazione all’altra che preannuncia soltanto un peggioramento della situazione. Prima dose, seconda dose, terza, variante Omicron, nuova variante in arrivo…

Un continuo martellamento intriso di negatività che ha soltanto arricchito le case farmaceutiche, non tanto per il vaccino, un dato scontato, ma soprattutto quelle che producono antidepressivi (sono in aumento, infatti, e nessuno ne parla, i malati da stress da Covid, la coronaphobia). Questa negatività sta avendo dei duri contraccolpi sulla mente delle persone.

 

Come se di colpo non si riuscisse più a vivere lontani dall’informazione da Covid-19. Mentre le persone si avvicinano alla terza dose, già si preannuncia la quarta. Mentre si combatte l’Omicron, gli esperti prevedono la nuova variante. Una vera politica della tensione che, se da una parte cerca di instillare nelle persone il senso di responsabilità, dall’altra non riesce a capire fino in fondo che quello che innesca è soltanto un senso di inadeguatezza. Ogni azione che compiamo viene subito corretta e indicata come sbagliata dal giornalista/virologo di turno o dal politico/biologo in cerca di consenso, per non parlare poi dei politici negazionisti e della stagione Trumpiana degna di un film di Stanley Kubrick.

Non sembra questa una distopia? Cos’è infatti la distopia?

La distopia è una realtà inesistente, ma plausibile, ovvero è uno scenario futuristico di una società trasformata in tutti i suoi assetti con una forte propensione alla negatività.

Di solito, le società distopiche sono società gerarchizzate, plasmate da totalitarismi che controllano in assoluto la vita del singolo cittadino. Non sono ammessi dissidenti, pensatori indipendenti e l’autorità si afferma o con un uso smodato della forza o sotto forma di plagio mentale.

Le società distopiche nascono dopo eventi per lo più catastrofici: guerre nucleari, invasioni aliene, cataclismi naturali, virus e pandemie. La molla è sempre innescata dall’uomo, è questo è il punto centrale affinché si affermi un nuovo tipo di regime dittatoriale, affinché l’uomo semplice, debole e incline al fallimento venga sostituito dall’uomo nuovo, o dall’ordine nuovo come amano dire i complottisti.

Scena tratta dal film “Essi vivono” di John Carpenter

 

 

Ma l’aspetto più interessante delle distopie è la loro immaginaria previsione o rappresentazione del futuro. Questi scenari immaginari, infatti, vengono creati in aperta polemica con le politiche del presente e il prefigurare situazioni future dovrebbe spingere le persone a riflettere e correggere, dove possibile, le proprie azioni.

In “Don’t look up” non importa se la cometa esista o no, se l’umanità si estinguerà o meno: nel film quello che conta è il modo in cui viene narrata la storia della cometa. Lo spettatore sa della sua esistenza come anche i personaggi del film, ma l’attenzione è calamitata dalla “narrazione” della realtà. Quando Trump negava la pericolosità del Covid, tutti sapevano che fosse un’idiozia, ma il come veniva narrato era sorprendentemente affascinante.

In “Squid game” la meccanica più o meno è la stessa: la violenza è l’unico dato certo, ma tutto ruota sul capire l’uso che ne faranno i protagonisti e quindi su come comunicheranno tra di loro e allo spettatore le mosse successive per restare in vita. Non importa se i personaggi moriranno, è un qualcosa relegato a superfluo, il punto è come moriranno e come gli altri accetteranno la loro morte.

Scena tratta da “Squid game” di Hwang Dong-hyuk

 

Infatti, l’informazione e il modo di comunicare una realtà costituiscono l’ossatura della distopia. La letteratura e la cinematografia distopica hanno una tradizione ben consolidata, per citare solo due caposaldi (sapendo di fare un torto agli amanti del genere) basti pensare a “1984” di George Orwell oppure alla trilogia di “Matrix” dei fratelli Wachowski.

 

La distopia si configura così come un nido dove tutti possono trovare riparo, chi fugge dalla realtà solo il tempo necessario per vedere un film o leggere una storia, oppure chi trova l’habitat ideale dove vivere, dove la fuga continua dalla realtà, la sua non accettazione, si tramuta in una visione dove l’immaginario e la realtà hanno dei confini sfocati e sovrapposti, dove germinano tranquillamente le teorie complottiste e la denuncia del “vero potere”, dell’ordine nuovo, della massoneria, e di un continuo bla bla bla senza senso e significato.

Difatti, negli ultimi anni, diciamo nell’ultimo ventennio, sono aumentate a dismisura le teorie complottiste da una parte e gli studi sociologici dedicati proprio ai complottisti dall’altra.

L’unico dato certo di questo filone è la denuncia del presente, di una politica miope e di un’informazione ripiegata spasmodicamente su se stessa.

Tuttavia, l’elemento positivo che comunque ci lascia la distopia risiede nel suo infinito potenziale creativo. Al di là di film, libri e fumetti, si sta affermando anche il genere delle creazioni digitali.

Vogliamo infatti segnalarvi il canale Instagram di City Maybe (@city_maybe), dove vengono pubblicate delle foto ritoccate graficamente che prefigurano un futuro in base alle news quotidiane.

Tre grafiche molto interessanti riguardano anche Roma:

 

La prima si rifà alla crisi dei rifiuti e alla ricerca di un sito dove creare la nuova discarica. Nel tira e molla infinito della politica la discarica futura prende vita nella famosa Vela abbandonata di Calatrava a Tor Vergata, dove droni teleguidati riescono a impilare rifiuti su una vera e propria montagna, ispirata forse al Termovalorizzatore di Copenaghen ma realizzata in maniera grossolana.

Immagine di City Maybe (@city_maybe)

 

La seconda creazione digitale riguarda invece la stazione di Roma Termini. Qui la chiave è stata la notizia degli ultimi mesi di un’Italia sommersa dall’acqua nel 2100. L’irreversibile crisi climatica cambierà per sempre il volto del nostro paese e delle sue città. La stazione di Roma Termini potrebbe così trasformarsi in un immenso porto turistico, dove i visitatori potranno prendere un traghetto e visitare le rovine della città, antiche e contemporanee.

Immagine di City Maybe (@city_maybe)

 

Ma anche il DDL Zan e i diritti LGBT possono innescare una visione distopica, vediamo allora come di colpo il Vaticano, nel 2026, dopo essersi pentito di aver ostacolato il disegno di legge nel 2021, si trasformi in una delle maggiori sedi per i diritti gay.

Immagine di City Maybe (@city_maybe)

 

Le immagini che abbiamo mostrato sono opere suggestive, denunciano il presente e  disegnano un futuro che non è così lontano dal potersi avverare. Cos’è, dunque, reale e cosa no? La politica da Covid è quotidianità o distopia? Esiste o no l’emergenza climatica? L’uomo è andato sulla luna? Qualcuno ci spia e ci controlla?

Non vi sarà mai una risposta univoca a queste domande, perché, che lo vogliamo o no, come scriveva George Orwell, la realtà è solo ciò che vogliamo vedere.

Dunque, se è il singolo individuo a dar vita a mondi immaginari e distopici sarà sempre il singolo individuo a creare i giusti argini tra reale e immaginario, tra il giusto e l’eccesso.

 

Consigli distopici e no:

  • Per quanto riguarda i film vi consigliamo il padre delle teorie complottiste “Essi vivono” (1988) di John Carpenter.
  • Un film davvero ben fatto da vedere assolutamente è “Il buco” (2019) di Galder Gaztelu-Urrutia.
  • Sul mondo dei complottisti e come capirli, ma anche sul come capire la politica che alimenta questo fenomeno, vi consigliamo il saggio “La guerra di tutti: Populismo, terrore e crisi della società liberale” (Minimum Fax) di Raffaele Alberto Ventura.
  • Un romanzo intrigante è “Febbre” (Codice edizioni) di Ling Ma, una storia incentrata sulla diffusione di un virus proveniente dalla Cina (!!), pubblicato in Italia nel 2019.
  • Un saggio, per niente distopico, ma utile a capire come eravamo e come potremmo essere è “Quando abbiamo smesso di capire il mondo” (Adelphi) di Benjamín Labatut.
  • Sulla pandemia di cui nessuno parla, ovvero quella degli antidepressivi e dell’impatto sulla vita di tutti i giorni, vi consigliamo il romanzo di Michel Houellebecq “Serotonina” (La nave di Teseo) del 2019.

 

 

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