Il diretto interessato non ha smentito, anzi fonti ben informate parlano di un altro consigliere che sarebbe pronto a lasciare i grillini assieme a De Vito. Lui, il presidente dell’assemblea capitolina, arrestato e sotto processo, è tornato a guidare l’aula dopo 9 mesi tra carcere e domiciliari, nonostante sulle sue spalle pesi l’accusa di corruzione per la vicenda Stadio della Roma.
E adesso medita di lasciare il Movimento per candidarsi in un altro partito alle prossime elezioni di giugno. Il Messaggero lo ha scritto sabato e nessuno, né tra i 5Stelle, né lo stesso De Vito, ha provato ad affermare il contrario. Segno che la decisione è ormai presa e un altro pezzo da novanta ha ormai la valigia pronta.
Pochi giorni prima era stata Monica Lozzi, vulcanica presidente del VII Municipio ad annunciare il suo addio ai 5stelle per passare col movimento politico di Luigi Paragone. Non solo i millemila assessori che si sono succeduti e hanno sbattuto la porta, ma anche due consiglieri che hanno lasciato il gruppo per passare all’opposizione e altri due che si sono proprio dimessi, in polemica con la gestione della Raggi.
Per approvare qualsiasi nuovo provvedimento (ammesso che ve ne siano in cantiere), in aula Giulio Cesare la maggioranza potrebbe contare solo su cinque voti di scarto o forse quattro se, come sembra, un altro consigliere sarebbe sulle orme di De Vito. E di questi quattro voti, due sono sempre ballerini in quanto si tratta di esponenti molto critici con la giunta che più volte hanno votato contro la linea del partito.
Ma al di là dei numeri, il tema centrale resta quello politico, di una maggioranza che aveva grandi possibilità perché per la prima volta dal dopoguerra ad oggi ha guidato il Campidoglio con il monocolore, senza dover scendere a patti con altre forze. E invece è stata la più debole e litigiosa tanto da aver perso pezzi per strada ed essere stata vittima solo di fuoco amico, dato che l’opposizione non ha praticamente mai alzato la voce. I Presidenti di Municipio che sono caduti (e sono tanti) sono stati sfiduciati da esponenti dei 5Stelle. Una lotta fratricida ha dilaniato il Movimento fin dall’inizio e l’epilogo assomiglia tanto alla fuga da una nave che affonda.
Se a livello nazionale non si contano più i deputati e senatori ormai passati al gruppo misto o ad altre forze politiche, nella nostra regione la situazione sembra ancora più grave, proprio per la scarsa prova di governo fornita da Virginia Raggi che ha fatto venire meno quel collante che teneva insieme anime troppo diverse tra loro.
Alla Pisana, l’ultimo in ordine di tempo a dire addio è stato Marco Cacciatore, presidente della Commissione Urbanistica e Rifiuti che ha accusato i suoi (ex) colleghi di pensare solo alle elezioni e mai ai problemi della gente. Ad aprile, sempre dalla Regione, era stato espulso Davide Barillari accusato di aver pubblicato un sito “no vax” troppo simile a quello ufficiale dell’assessorato alla Sanità.
Ma la piccola bomba l’ha lanciata Monica Lozzi che, con un post su Facebook intitolato “a testa alta”, snocciola tutte le ragioni del suo addio. Si dice “delusa e amareggiata per aver creduto in un sogno mandato in frantumi da una classe dirigente non all’altezza e priva di ogni vera visione politica e capacità di ascolto”. Parole dure (e condivisibili) che si scontrano però con la sua scelta di raccogliere la palla lanciata da Luigi Paragone, anche lui fuoriuscito dal Movimento e posizionato su una sponda “no euro” e sovranista.
A conferma che la democrazia e il rispetto del pensiero altrui siano poco praticati tra i 5Stelle, subito dopo il post della Lozzi c’è stata la stura a una serie di insulti sessisti e offensivi che al momento non sembra abbiano raggiunto De Vito. Costui, infatti, è una sorta di spina nel fianco per i duri e puri del giustizialismo che da portatori di manette sono stati costretti ad assistere al peggior spettacolo mai visto in Campidoglio e cioè un arrestato e accusato di corruzione che ricopre un ruolo istituzionale.
Probabilmente la fuoriuscita di De Vito sarà commentata con parole di liberazione ma non cancella il problema politico profondo di un Movimento che solo due anni fa a livello nazionale raggiunse il 32% dei consensi e nel 2016 vide trionfare la Raggi con il 67%, mentre oggi non ha alcuna chance di vittoria futura. Resta da capire se i grillini correranno da soli alle prossime elezioni comunali di giugno, rischiando di prendere la peggior tranvata della loro storia oppure si accorderanno col Pd, smentendo la ragione stessa per la quale sono nati e cioè combattere quel sistema che loro definivano “il Partito Delinquenti”, di Mafia Capitale, di Buzzi e Carminati!
Una risposta
Pezzo da novanta???
Ma quale partito prenderebbe tra le sue file tale campione di onesta’ e moralita’, con quale faccia lo presenterebbe ai suoi elettori?