Non che ci volessero doti divinatorie per prevedere la sconfitta del PD a Roma, ma forse in pochi si sarebbero aspettati una debacle di tali proporzioni, benché in molti l’avevano auspicata e noi tra loro.
Ad aprile avevamo riutilizzato un infelice slogan partorito all’interno dello stesso PD per ricordare a tutti la necessità di fare un grande #ciaone al PD a Roma. Il motivo principale era la necessità di non lasciare impunito il plateale schiaffo dato dal partito alla cittadinanza tutta, disarcionando per via notarile un Sindaco in carica, che il partito stesso aveva fatto eleggere, senza che i consiglieri dimissionari sentissero il bisogno di rendere note chiaramente le ragioni di tale voltafaccia.
Evidentemente in moltissimi romani hanno voluto far pagare al partito quel brutto tradimento, perpetrato come se invece che avere degli elettori pensanti il partito pensasse di avere dei decerebrati che seguono meccanicamente le istruzioni di qualche presunto illuminato.
Ed a proposito di presunti illuminati, ci chiediamo se sia sufficiente a Renzi questa batosta a Roma per capire quanto inadeguati si siano rivelati il commissario Orfini e tutti i cosiddetti “saggi” del partito (delle gesta di uno dei quali ci eravamo occupati prima delle elezioni).
La porcata delle dimissioni dei consiglieri dal notaio è stata infatti solo l’aspetto più evidente di una gestione commissariale del partito che ha sostanzialmente salvato tutto, limitandosi a passare una mano di vernice su strutture e uomini che non potevano non essere contigui alle vicende che hanno portato a Mafia Capitale.
Il problema è che un PD che continua a badare agli interessi propri ed a quelli dei propri esponenti non fa bene a Roma e priva la città di una componente politica indispensabile per il buon funzionamento democratico. Non che il PD sia insostituibile, ma ad oggi esso rappresenta sempre una componente fondamentale dello schieramento politico in cui moltissimi cittadini vorrebbero continuare a riconoscersi. E ben farebbe la classe dirigente nazionale a fare in modo da selezionare per i cittadini delle persone degne e capaci di rappresentarli nelle istituzioni, laddove a Roma non sembrano aver avuto effetto neanche le indagini della magistratura per scardinare i vecchi equilibri e le peggiori logiche.
Se quindi il PD nazionale, con Renzi in testa, ha capito la lezione, ci aspettiamo che dia in fretta il benservito a Orfini e ai suoi presunti “saggi” ed incarichi qualcuno avulso dalle logiche romane per rifondare il partito su basi totalmente nuove. Ci vorra del tempo, ma almeno al prossimo giro ai romani verrà data un’alternativa credibile da votare, piuttosto che continuare a costringerli a scegliere il meno peggio ben sapendo che esso non avrà molte possibilità di cambiare le cose.
Riguardo i consiglieri che hanno mandato Marino a casa per via notarile ed ora si ritrovano rieletti in Consiglio, provvedano a fare un esame di coscienza e si rendendano conti di essere stati i primi corresponsabili del disastro del partito. Non sarebbe male se cercassero di espiare il brutto gesto delle dimissioni passate con un’opposizione ferma, ancorché costruttiva quando possibile, al nuovo governo cittadino. A Roma infatti i problemi non dipendono solo da maggioranze non all’altezza ma anche, e molto, da opposizioni del tutto inconsistenti, quando non colluse col potere di turno.
Vediamo se il PD capisce la lezione e riparte da un’opposizione come si deve, che l’impressione, e il timore, è che non ci vorrà molto per tornare alle elezioni.