Avevamo dato per primi, a giugno, la notizia dello strano bando per l’albero di Natale del 2018. Un avviso pubblico davvero originale col quale l’amministrazione chiedeva a un privato di farsi carico delle spese per l’abete, dell’addobbo, della manutenzione e del trasporto senza poter pubblicizzare il proprio marchio. In pratica il Campidoglio chiedeva un regalo, fatto per puro scopo di liberalità.
Non era difficile immaginare che nessuno avrebbe speso decine di migliaia di euro per una città allo sbando, senza averne un ritorno di immagine e infatti quel bando è andato deserto. Neanche uno straccio di offerta tanto che la prospettiva di allestire per il terzo anno consecutivo un albero orrendo, figlio dei precedenti “povero tristo” (edizione 2016) e “spelacchio” (edizione 2017), ha preoccupato perfino l’indolente staff di Virginia Raggi. Nella Roma più devastata degli ultimi 40 anni, traboccante di rifiuti e col verde pubblico in abbandono, la terza scivolata sull’albero di Natale poteva essere la goccia capace di far traboccare il vaso.
E così pure i fautori della decrescita felice si sono affidati alla religione capitalista, come la chiamava Max Weber. Un avviso per la ricerca di uno sponsor è stato pubblicato sul sito del Comune a metà ottobre: un pochino tardi ma ancora in tempo per l’8 dicembre, data ultima per il montaggio dell’albero a piazza Venezia. Le buste verranno aperte il 12 novembre, quando mancheranno solo 26 giorni all’inaugurazione dell’abete. Non molti ma per chi ha esperienza nel settore basteranno per un allestimento dignitoso e sicuramente migliore degli anni precedenti.
Ad oggi, un’offerta è già arrivata e questo garantisce che un albero ci sarà. Probabilmente ne arriveranno altre e sarà poi il Campidoglio a scegliere lo sponsor in base ad un punteggio che assegna la priorità a chi proporrà un albero con addobbi di qualità, uno studio scenografico della piazza e una armonizzazione del marchio dello sponsor con quello di Roma Capitale. Eh già perché non si tratta di un regalo come voleva la Sindaca Raggi nel primo (abortito) tentativo, ma di una vera e propria sponsorizzazione. Il marchio di chi pagherà le spese sarà esposto su due lati alla base dell’albero, mentre sugli altri due ci sarà il logo di Roma Capitale. Inoltre un monitor della dimensione massima di 105 pollici potrà trasmettere un messaggio pubblicitario.
Nulla di cui scandalizzarsi, anzi è questa la prassi in tutto il mondo e i risultati sono generalmente molto buoni come si può vedere da tre esempi qui sotto.
Si tratta in sostanza di applicare un regolamento del 2004 che prevede la possibilità per il Campidoglio di affidarsi a privati che vogliano sponsorizzare un servizio che il comune non è in grado di garantire. E così, dal momento in cui gli uffici hanno comunicato che un’offerta è stata ricevuta, si apre una sorta di gara tra tutti coloro che vogliono concorrere. L’offerta già arrivata è di 376.00 euro, dunque un importo rilevante che prevede tutta una serie di adempimenti per garantire un albero di qualità e un ritorno economico per le casse capitoline. L’albero dovrà essere di tipo naturale, addobbato con colori tradizionali (rosso, oro, argento), le luci a led dovranno avere tonalità calda (e meno male dopo che la città è stata illuminata da freddissimi led a 4000 gradi Kelvin) e lo sponsor potrà usare fino a 100 palle decorative per veicolare un messaggio pubblicitario.
Sembra, insomma, che quest’anno non dovremo vergognarci di avere l’albero più brutto. Probabilmente la senatrice Taverna eviterà di farsi fotografare per cercare di difendere l’indifendibile. Ma non ne sentiremo la mancanza, anzi potremo dire con fierezza che almeno su questa piccola cosa a Roma si fa come nel resto del mondo.