lorel ipsum
Quando ad agosto sono tornata a Roma la città era stremata dal caldo. Le strade sporche, l’ombra dei topi, la gente stanca, le piante assetate.
Per giorni ho fatto fatica a scorgere intorno a me qualcosa di bello. Tutto quello che mi circondava era improvvisamente brutto. Solo di sera, quando salivo in macchina a cercare il vento, mi sentivo bene. Attraversare la città deserta è uno dei piaceri che rendono tollerabile la calura del giorno. Si guida piano con il finestrino abbassato e ci si illude che il caldo non torni. E così una notte sono finita sotto il Traforo Umberto I. Il sottopassaggio era completamente deserto e illuminato da una luce verde. Solo un uomo camminava in galleria. Quasi una visione: l’uomo avanzava in un verde che nessun pittore può ottenere sulla sua tavolozza “un verde di cui la natura né la varietà dei vegetali, né nel colore del mare più limpido, hai mai riportato la sfumatura”. Era quello il raggio verde? Faccio al volo una foto e torno a casa.
Fa caldo, non riesco a dormire. Allora mi metto a cercare sul web la storia del Traforo Umberto I. Scopro che i lavori iniziarono alla fine di giugno del 1900 e che durarono tre anni. Il tunnel è lungo 347 metri, molta gente lo percorre a piedi per andare da Piazza di Spagna a Via Nazionale. Leggo che Re Vittorio Emanuele percorse a piedi tutta la galleria per rendersi conto dell’opera nel 1901. E leggo di un operaio che perse la vita rimanendo sepolto sotto la sabbia ma il suo nome non si ricorda più. Dagli strati di argilla emersero anche dei tesori: una camera rivestita di marmo bianco, le fondazioni di due antichi conventi e altro.
Sì, aveva ragione Verne, esiste un raggio verde speciale che può rivelarci un mondo invisibile in un solo istante. “Se c’è del verde in Paradiso, sicuramente è quel verde”.
Le citazioni sono tratte dal romanzo di Jules Verne, Il raggio verde