A Milano i processi contro chi imbratta i muri si fanno. Mentre a Roma i graffitari dormono sonni tranquilli, il Comune e la Polizia Locale di Milano hanno dichiarato guerra al fenomeno. Ma una contraddizione in un testo legislativo rischia di far saltare tutto e di rendere più difficile la repressione portata avanti dal Sindaco Sala.
Durante uno dei processi in corso al Tribunale meneghino, un giudice ha sollevato una questione di costituzionalità e ha rinviato tutto alla Corte Costituzionale. Il decreto sulle depenalizzazioni del gennaio 2016 (n.7) ha fatto una distinzione piuttosto capziosa tra chi danneggia i muri a picconate e chi li imbratta con la bomboletta. Secondo quel testo di legge, infatti, chi opera un danneggiamento merita solo una multa mentre chi usa spray e vernice merita il carcere (da uno a sei mesi). Di fatto il reato di danneggiamento previsto dall’articolo 635 del codice penale è stato depenalizzato, mentre quello di imbrattamento è rimasto nell’elenco dei più gravi.
Una contraddizione secondo il giudice Carboni che si è rivolto alla Consulta per avere chiarimenti: possibile – si domanda in sostanza il magistrato – che chi provoca un danno permanente come picconare un intonaco sia meno punibile di chi sporca con la vernice che è più facilmente rimovibile? La Corte Costituzionale esaminerà il quesito il prossimo 17 giugno e fino ad allora anche altri processi verranno sospesi, come quello a carico di un trentenne colto in flagrante mentre imbrattava muri e serrande in viale Bligny. E probabilmente stessa sorte toccherà ad altri 14 processi nei quali il Comune di Milano si è costituito parte civile. Si tratta di 29 imputati per aver graffitato muri, metropolitane, cassonetti. Il Sindaco Sala ha fortemente voluto una delibera del Consiglio Comunale che permettesse a Palazzo Marino di costituirsi parte civile in ognuno di questi procedimenti oltre a chiedere un pesante risarcimento del danno. Dal 2011 ad oggi Atm, l’azienda di trasporti milanese, ha incassato diverse migliaia di euro di risarcimenti mentre l’avvocatura comunale ha trattato più di 200 casi relativi a 280 imputati.
Il blocco provocato dalla questione di costituzionalità, comunque, non renderà vano questo lavoro ma lo rallenterà solamente. Una volta che la Consulta avrà preso la sua decisione i processi potranno riprendere. C’è da augurarsi che i giudici della Suprema Corte capiscano che si tratta di danni gravissimi e che dunque bene ha fatto il decreto del governo a lasciarli nel campo dei reati più pesanti. La frequenza con la quale vengono svolti (migliaia di imbrattamenti ogni notte solo a Roma) li rende più dannosi per la comunità rispetto al danneggiamento provocato con un martello, assai più raro. E’ difficile trovare di notte qualcuno che giri armato di piccone che si diverta a lasciare buchi nei muri, mentre è frequentissimo il writer che rovina e sporca senza alcun motivo.
Sarà la Corte ovviamente a prendere la decisione più giusta. Ma nel frattempo non si può non notare come Milano sia in prima linea per la difesa del proprio territorio mentre Roma si sia del tutto dimenticata del fenomeno graffiti. Perfino Alemanno (!) aveva messo in campo qualche uomo e mezzo contro l’imbrattamento della città, mentre dall’amministrazione Raggi fino ad oggi zero assoluto. Le associazioni di volontariato come Retake proseguono da sole in un battaglia che la giunta 5stelle ritiene secondaria. Uno degli errori più gravi di una giunta che si annunciava rivoluzionaria e che invece ha rimosso del tutto il tema del decoro, motivo principale della sua vittoria.