In questi giorni di vacanze pasquali, Roma è piena di turisti che si spingono anche in periferia, complice l’aumento delle strutture ricettive nelle zone decentrate. Capita quindi sempre più spesso di incontrare gruppi di turisti delle più svariate nazionalità nei posti più impensabili: dalla periferia est ai quartieri semicentrali. Oltre all’effetto straniante e tragicomico suscitato dalla visione dei turisti che passeggiano in luoghi insoliti a noi familiari – i quartieri più brutti e disordinati d’Europa che non meritano certo una visita – ben presto veniamo assaliti dalla vergogna, quando origliamo le conversazioni dei passeggeri sulla metro: “Can’t believe it! they allow the vandals to do whatever they want!”
Stanno parlando, naturalmente, dei writers che imbrattano i vagoni della metropolitana.
Forse non abbiamo consapevolezza piena del danno d’immagine provocato dai graffiti sui mezzi pubblici e gli edifici, l’impatto negativo che questi hanno sulla reputazione di Roma come città del Bello e della Cultura. Diversamente da ciò che si potrebbe pensare, nella maggioranza dei paesi culturalmente evoluti –Francia, Spagna, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Australia – il “graffiti vandalism” è considerato un “quality-of-life issue”, un problema sociale primario che incide sulla qualità della vita. Per capirsi, è dalla fine degli anni ’80 che nel dibattito culturale americano ed europeo si è imposta una visione critica della street art che ne riconosce la carica innovativa, soppesandone pregi e difetti, valore estetico, espressivo, qualità formali etc. – calando il tutto nella cultura dell’armonia e del rispetto delle regole.
Ed ecco il punto della faccenda: i popoli nord europei e anglosassoni non accettano e giustificano le scritte sui mezzi di trasporto, i romani sì. Se i romani pensano sia normale e “progressista” consentire ai writers di “esprimersi” sui treni, gli stranieri la vedono come una cosa sbagliata e ingiusta. E ci prendono in giro. Da qui la vergogna tipica del romano civilizzato e sensibile.
Vergogna che si trasforma in incredulità, quando a bordo dei nuovi treni Caf (subito imbrattati) leggiamo sui monitor della surreale iniziativa del comune: ADOTTA UN TRENO, A ROMA LA METRO SI COLORA CON I DISEGNI DEI BAMBINI
Il senso e il contenuto lo avevamo già intuito, eccolo spiegato sul sito dell’Atac:
Lo scopo è quello di realizzare un “treno dell´arte” con i disegni dei bambini vincitori del concorso, che viaggerà nella metropolitana di Roma. L´immaginazione dei più piccoli si contrapporrà alle continue vandalizzazioni dei vagoni, in un´opera di sensibilizzazione di tutti i clienti del trasporto pubblico e dei romani sul tema del decoro e del rispetto delle infrastrutture.
Concetto ribadito dalla sindaca Virginia Raggi:
“Vogliamo che la metropolitana si colori con i disegni dei nostri bambini. La loro immaginazione contro le scritte dei vagoni imbrattati dai vandali.”
Davvero singolare e bizzarra la strategia del comune. Da quello che possiamo capire tale metodologia si basa sull’assunto che per insegnare ai bambini a non scrivere sui muri – e per estensione, a non imbrattare i mezzi pubblici – li si deve far scrivere sui muri e sui mezzi pubblici. E’ un po’ insegnare ai bambini che non si butta la carta per terra, dicendogli “buttatela per terra anche voi”. Ecco quello che si sono inventati quei geni dell’Atac…
Non vorremmo fare i cervelloni, ma da che mondo è mondo i fondamenti del pensiero pedagogico si basano sull’insegnare la differenza tra bene e male, cosa fare e cosa non fare in determinate situazioni e, magari, più avanti nella crescita del bambino, educare al pensiero critico nell’Arte.
Per questo diciamo che serve innanzitutto una campagna di formazione che educhi a distinguere la creatività dal vandalismo. Perché senza di essa i giovani romani (e i loro genitori) non comprenderebbero la differenza tra le scritte e i disegni dei writers, e i disegni dei bambini vincitori del concorso che andranno a decorare i treni. Non capirebbero semplicemente perché sono abituati alle scritte vandaliche sulla metro (e sui palazzi) e hanno bisogno che qualcuno gli faccia capire che i graffiti sui treni (e sui muri) sono “vandalismo”: non c’è altro modo di “sensibilizzare tutti i cittadini sull’importanza dei temi del decoro e del rispetto dei mezzi del trasporto pubblico”.
Dunque inserire l’arte pubblica in percorsi culturali complessi. Che tradotto, suona più o meno così:
1) Prima si ripuliscono i treni dai graffiti, procedendo alla riqualificazione totale del parco circolante della metro A, B, B1 e C.
2) Poi si adotta un piano di manutenzione ordinaria delle stazioni, prevenendo e contrastando gli atti vandalici ed eliminando le scritte che dovessero apparire con cadenza settimanale, rafforzando la sorveglianza nei depositi dei treni.
3) Allora e soltanto allora, promuovere interventi di sensibilizzazione attraverso l’arte.
Mentre il mondo ci ride dietro per l’indifferenza con la quale trattiamo i vandali graffitari, un’iniziativa come “Adotta un treno” rischia di sortire l’effetto contrario di quello sperato: creare equivoci e confusione, portando all’accettazione del vandalismo.
Pensateci bene cara sindaca Raggi e care assessore ai trasporti e alla scuola, Meleo e Baldassarre.
2 risposte
Purtroppo muovendoci in città treni metro stazioni etc sono la dimostrazione che si riesce a a salvagurdare i beni pagati dai cittadini da azioni di vandalismo . Ed è grave.
Purtroppo muovendoci in città treni metro stazioni etc sono la dimostrazione che non si riesce a salvagurdare i beni pagati dai cittadini da azioni di vandalismo . Ed è grave.