Nelle ultime settimane stiamo approfondendo il tema della sanità del Lazio perché da più parti riceviamo lamentele di disservizi e attese lunghissime mentre la politica continua a lodarsi per la campagna vaccinale. Questo continuo riferimento ai risultati della vaccinazione da parte dell’assessore D’Amato e del presidente Zingaretti, ci risultarono sospetti già tempo addietro. Ad esempio durante la presentazione del progetto per il nuovo Politecnico, Zingaretti parlò per la quasi totalità del suo tempo di profilassi Covid invece di concentrarsi sul tema dell’incontro. Lo sottolineammo nel nostro articolo e oggi, a distanza di molti mesi, abbiamo capito il perché.
La politica tende a esaltare alcuni aspetti del suo operato quando la gran parte delle cose va male. E’ una vecchia tecnica di comunicazione che la Regione Lazio usa alla perfezione. Altro esempio: la Roma – Lido è una tragedia e Zingaretti fa una conferenza stampa annunciando che tra anni cambierà nome e nel tempo del mai diventerà un fiore all’occhiello. Il problema non sta tanto nei politici quanto nei giornali che gli vanno dietro.
Tornando alla sanità laziale, questa ossessiva ripetizione del dato vaccinale nascondeva ben altro. Abbiamo visto le liste d’attesa incredibili per visite e interventi specialistici, abbiamo parlato della carenza di posti letto nei pronto soccorso e oggi approfondiamo il tema dei medici di famiglia che sono il primo riferimento dei cittadini e che a Roma e provincia non vengono rimpiazzati da anni.
Ne mancano oltre mille e questo significa che circa 250 mila romani non avranno la possibilità di accedere al medico di base.
Solo nella Asl 6, quella dei Castelli, sono 22 mila le persone rimaste senza medico. In città, entro la fine del 2022 i cittadini a rischio di non averlo più sono 250 mila perché ci sono 250 medici che stanno andando in pensione e che non possono rinviare ulteriormente.
La soluzione indicata dalla Regione per adesso è aumentare il tetto di assistiti per i medici rimanenti. Potranno diventare 1.800 contro i 1.500 attuali ma come si può ben comprendere questo porterà ad un peggioramento del servizio. Già oggi i sanitari di base hanno difficoltà ad ascoltare i 1.500 pazienti, domani con ulteriori 300 sarà ancora più complesso.
Secondo la Federazione dei Medici di Medicina Generale (FIMMG), negli ultimi due anni il carico di lavoro è aumentato del 300%. Solo il numero di ricette emesse è aumentato di percentuali molto elevate. Come sarà possibile sopportare un ulteriore incremento? Ne va della qualità della prestazione, della visita. La consuetudine ormai è una visita breve che si limita alla prescrizione di un farmaco senza una corretta anamnesi mentre in futuro potrebbe diventare una catena di montaggio del tutto spersonalizzata. Sempre più lontano dagli auspici di Zingaretti e D’Amato che pensavano ad esami semplici da farsi nello studio del medico di base.
Eppure la storia del Covid dovrebbe averci insegnato che senza una cura precoce e una risposta rapida, le malattie diventano serie. Da più parti si criticava la sanità della Regione Lombardia perché non aveva puntato sulla medicina del territorio concentrandosi solo sugli ospedali. Ma il Lazio non ha fatto molto meglio nel momento in cui ha permesso che centinaia di migliaia di persone restassero senza medicina generale. In autunno quando ci sarà una nuova ondata di Covid la vigile attesa e il paracetamolo saranno l’unica possibilità pure per anziani e fragili.
Ma perché siamo arrivati ad una situazione tanto estrema? In primo luogo c’è una carenza di medici a livello nazionale per via di accessi troppo selettivi alle facoltà negli anni passati. Ma c’è anche una scarsa appetibilità del mestiere della medicina generale. I giovani preferiscono altre specializzazioni piuttosto che essere sommersi da incombenze burocratiche e diventare solo una fonte di prescrizione di farmaci.
E poi va sottolineata una responsabilità diretta della Regione. Come denunciato dal vicepresidente dell’Ordine di Roma (Omceo), Stefano De Lillo, l’ultimo bando per l’assegnazione di nuovi specialisti sulle aree carenti risale al 2020, mentre quello del 2021 è arrivato con un ritardo notevole. La sua pubblicazione è del 7 giugno e prima che produrrà effetti passeranno molti mesi. C’è da chiedersi come abbia fatto il Lazio a dimenticarsi di un adempimento così importante. Forse pensavano che bastasse vaccinare con Pfizer e Moderna per fare il proprio dovere?
Insomma, lo scenario non è stato affrontato per tempo e con il giusto impegno. Nei prossimi mesi assisteremo a tanti residenti nell’area della capitale che avranno molte difficoltà anche solo ad ottenere la prescrizione di un farmaco.
Sullo stesso tema
Ospedali: pochi posti letto nel Lazio. “Al San Camillo reparti discarica” | Diarioromano