Il commercio tutto sta soffrendo moltissimo le misure di contenimento del contagio, particolarmente a Roma dove ci si è trovati improvvisamente senza la consistente componente turistica.
L’amministrazione Raggi fin dall’inizio ha provato a fare qualcosa per aiutare gli esercenti, peccato che si sia sempre concentrata solo su una categoria del commercio, essenzialmente bar e ristoranti, dimenticandosi tutto il resto.
E anche in quell’ambito il lavoro fatto invece che creare delle condizioni straordinarie, ancorché temporanee, su cui gli esercenti potessero far affidamento per eventuali investimenti, ha semplicemente realizzato un totale far west. Sono state infatti approvate delle norme che apparentemente hanno consentito tutto a tutti, dimenticando che vi sono normative nazionali (di sicurezza, codice della strada, tutela culturale) che vanno tenute comunque presente.
L’amministrazione Raggi, per mano del presidente della commissione commercio Andrea Coia, ha invece puntato tutto sull’impossibilità di fare controlli da parte della Polizia Locale e degli uffici dei municipi, visto il numero di nuove concessioni richieste (diverse migliaia!?!) cancellando un po’ ovunque la certezza del diritto.
Come scrivemmo a maggio 2020 a chiare lettere:
“Le norme straordinarie sulle OSP disegnano una situazione in cui si moltiplicheranno i conflitti, tra esercenti e tra loro e gli altri cittadini, e dove sarà impossibile fare controlli“.
In moltissimi casi, ad esempio, gli esercenti hanno installato i loro arredi su aree di sosta regolare senza che la relativa determina dirigenziale venisse cambiata. In questo modo un eventuale conflitto tra un automobilista che volesse lì parcheggiare e l’esercente che invece ci avesse messo legittimamente i propri tavoli non vedrebbe alcun vincitore certo, almeno dal punto di vista del diritto.
La totale inaffidabilità della pseudo-normativa costruita dal presidente Coia è stata platealmente dimostrata dagli arredi spuntati a luglio in piazza di Spagna e lì rimasti fino all’inizio di gennaio nonostante esplicitamente vietati anche dalle norme emergenziali. Circa cinque mesi di occupazione non consentita in uno dei luoghi più preziosi di Roma, dove peraltro vi è un presidio fisso della Polizia Locale.
È chiaro il livello di illegalità che ci si può immaginare stia caratterizzando centinaia di luoghi a Roma se per mesi qualcuno ha potuto fare come vuole in piazza di Spagna?
Non che qui si goda delle difficoltà degli operatori commerciali, ma la tutela di certi luoghi, tra cui piazza di Spagna, è stata una decisione esplicita dell’Assemblea Capitolina, peraltro accompagnata da polemiche nell’ambito della stessa maggioranza. E il rispetto delle norme è qualcosa che tutela non solo genericamente tutti i cittadini ma è anche alla base di una corretta concorrenza tra gli esercenti.
Recentemente ci è stato segnalato un altro caso eclatante di nuova OSP creata grazie alla normativa emergenziale.
Si tratta di una enorme pedana installata in via della Croce e che occupa la strada per oltre la metà della larghezza.
Pur insistendo su un tratto pedonale della strada, tale installazione presenta diversi aspetti di illiceità, come rilevato dalla Polizia Locale, tra cui la mancanza di uno spazio sufficiente per il transito di pedoni e veicoli (anche in un’area pedonale devono poter transitare in sicurezza i veicoli di soccorso e quelli dei disabili).
I rilievi della Polizia Locale sono stati fatti agli inizi di dicembre ma a tutt’oggi la grande pedana è sempre lì e c’è da scommettere che lì rimarrà sine die. A parte infatti pagare, forse, l’eventuale contravvenzione elevata, l’esercente non rischia molto di più nel caso si rifiuti di rimuovere l’abuso. Da una parte tutte le pratiche relative al commercio, incluse le sanzioni, devono essere lavorate dall’apposito ufficio del Municipio I che è letteralmente sommerso di lavoro, dall’altra ben difficilmente il Municipio troverà i fondi necessari ad effettuare l’eventuale rimozione forzosa della pedana.
Di casi del genere se ne saranno creati chissà quanti a Roma dopo il “tana libera tutti” decretato dal presidente Coia e anche in questo caso oltre ai problemi che la prepotenza di un esercente crea a tutti i cittadini, possiamo immaginare cosa accadrebbe se anche solo la metà degli altri esercenti di via della Croce facessero qualcosa di simile?
In un tale caos amministrativo ovviamente gongolano gli operatori più spregiudicati, quelli che da anni hanno imparato che a Roma si può fare qualsiasi cosa con la ragionevole certezza di farla franca. Chi invece volesse essere ligio alle norme non sa bene neanche cosa sia lecito e cosa no, finendo col non avere elementi certi per fare gli investimenti.
Inoltre le centinaia, forse migliaia, di situazioni illecite createsi richiederanno anni per essere risolte, esattamente come è accaduto per alcune bancarelle autorizzate temporaneamente per i mondiali di calcio o per il Giubileo e poi resistite per decenni vicino al Colosseo o ai Fori.
Ma c’è di più e di peggio: non contento del caos descritto, il presidente Coia ha continuato a sfornare testi normativi per allargare ulteriormente, e indiscriminatamente, le maglie per occupare il suolo pubblico anche quando, sperabilmente, l’emergenza COVID19 sarà superata.
In questi giorni è arrivato in Assemblea Capitolina un nuovo regolamento scritto da Coia che grosso modo autorizza un po’ tutto. In realtà è anche difficile capire cosa un tale testo finirebbe per autorizzare, stante che sul testo base lo stesso Coia ha presentato una decina di emendamenti a loro volta modificati da un’altra sessantina di emendamenti sempre dello stesso presidente.
Tale testo ha ricevuto i pareri negativi di praticamente tutti gli uffici comunali e il Segretariato Generale del Comune avrebbe “caldamente” consigliato il presidente Coia di sospendere l’esame dell’aula, riportare il testo in commissione e lì raffinarlo con l’aiuto dei vari uffici.
Ma il Coia, come suo solito, appare risoluto ad andare avanti con questo suo ennesimo capolavoro, certo che tanto nessuno tra i consiglieri di maggioranza mai si sognerebbe di votargli contro.
Chiaramente il presidente Coia può agire con tanta spregiudicatezza solo in quanto gli è concesso dal sindaco Raggi. Non è infatti un segreto che la Raggi lo vedrebbe bene sulla poltrona da assessore al commercio.
I disastri che quindi stanno dando il colpo finale al commercio romano sono sì al 100% farina del sacco di Coia, ma il sindaco Raggi ne è indubitabilmente una corresponsabile.
Da segnalare che, così come avvenne a settembre 2019 quando Coia si interessò dei Piani di Massima Occupabilità, in questa sua nuova iniziativa vi è di nuovo il consigliere del PD Orlando Corsetti a cercare di far da argine in maniera meritoria.