Per Roma è una buona notizia. Mentre tante aziende lasciano la capitale mettendo in difficoltà i lavoratori, Aruba il più importate internet provider italiano apre una grande sede in città.
Il cantiere per la costruzione del quarto data center italiano sarà avviato nelle prossime settimane e durerà due anni. La nuova struttura darà lavoro a 200 persone e occuperà un’area di 74.000 metri quadrati. Tutto alimentato da fonti rinnovabili. L’investimento supera i 300 milioni.
Un’opera davvero imponente che purtroppo nasce in un luogo devastato, la cosiddetta Tiburtina Valley. Il quadrante già ospita aziende ad alto valore tecnologico tra le quali Selex, Vitrociset, Leonardo e Alenia. Vi sono poi gli studi televisivi della Titanus/Mediaset e industrie dell’alimentare come Gentilini. In una città normale, questo incubatore di tecnologia sarebbe curato dal Comune, servito da mezzi di trasporto efficienti e da una viabilità moderna. In questo modo si potrebbero attrarre nuovi investimenti.
E invece la via Tiburtina è il simbolo dei cantieri iniziati a mai terminati, delle corsie stradali che si chiudono all’improvviso, dei new jersey lasciati in mezzo alla carreggiata, delle buche e degli allagamenti.
Il raddoppio della consolare è un progetto nato ben 12 anni fa e mai davvero avviato. Lavori qui e là bloccati ogni tre mesi. Una volta per ragioni legati ai permessi, un’altra volta per il fallimento della ditta appaltatrice. E poi il conflitto di competenze tra Municipi e Campidoglio. Insomma un elenco infinito di inadempienze e approssimazione che ha causato uno dei cantieri più lunghi e scandalosi di Roma.
Solo a giugno 2020, dopo circa tre anni di totale stop, i lavori sono ripresi per alcune tratte. La tratta T4, tra via Marco Simone e San Basilio è stata sottoposta alle indagini archeologiche.
Poi a ottobre del 2020 le ruspe sono intervenute all’altezza della Metro Rebibbia, tra via Lanciano e via Ripa Teatina. Ma si tratta di interventi limitati mentre la conclusione totale dell’appalto sembra ancora lontana.
Pensare che un grande data center debba sbarcare in questo contesto di cantieri eterni fa rabbrividire.
Oltre ad una strada perennemente dissestata, ci sono sale gioco dalla dubbia legalità, totale assenza dei marciapiedi, nessuna facilitazione per i ciclisti e bus Atac praticamente assenti. Insomma tutto respinge le nuove imprese invece di attrarle. Ciò nonostante Aruba ha scelto la Tiburtina Valley per il suo stabilimento e questo è simbolico di quanto l’area potrebbe essere attrattiva se solo vivesse una condizione migliore.
3 risposte
Non capisco come mai tutte le attività commerciali ed industriali che operano nella zona interessata non abbiano mai fatto manifestazioni per reclamare l’ultimazione del raddoppio della via tiburtina. Una vergogna che si trascina da diversi anni che nasconde sicuramente grossi interessi economici celati dietro i ritardi dei lavori.
Aruba è una buona azienda, sana, tratta molto bene i suoi dipendenti ed ha un’approccio etico di tutto rispetto verso l’ambiente. Dove è arrivata, ha dato spinte all’occupazione e all’indotto, ma anche alle infrastrutture ed ai servizi pubblici. Speriamo che possa essere un buon incentivo anche per Tiburtina Valley.
Un mia cara amica aspetta assunzione in azienda.sperismo presto qui a Roma Tiburtina.