Dopo aver ricevuto un paio di segnalazioni su un faccione giallo riprodotto su diversi muri a Roma, abbiamo fatto una veloce ricerchina e scoperto qualcosa di interessante.
Allora, l’orrido faccione giallo (orrido per chi scrive ovviamente, sapendo che de gustibus …) sarebbe “opera” di tale JBROCK, sedicente writer, o graffitista (a Roma graffitaro), che apparentemente da anni si diletta ad impiastrarci i luoghi più disparati della città. Basta fare un giro sul suo facebook per vedere un po’ di quelli che lui stesso chiama “attacchi”.
A conferma che dovrebbe essere proprio lui il responsabile di queste affissioni “artistiche”, e non quache suo seguace, vi è il seguente post ricorrente sul suo facebook, dove riporta le segnalazioni giuntegli dei suoi “attacchi”:
“Visto che sta storia de I social ci porta tutti a sonaccela e a cantaccela da soli rendendoci di fatto più asocial che social, ho deciso di pubblicare solo foto fatte da altri dei miei attacchi, se ve capita di becca er Ciccione ar giro e je fate na foto pe cortesia usate questo hashtag #fattitud“
Il tipo ha anche un mezzo sito web dove così si presenta:
“Sono nato a Roma nel 1979. Scrivo sui muri da quando ho 12 anni e non ho mai smesso perché, oggi come ieri, trovo che nella mia vita non ci sia cosa che mi faccia sentire meglio. Penso che per ogni essere umano ci sia un percorso da trovare già scritto nel proprio DNA. Credo che il difficile – nel viaggio della vita – sia trovarlo, per poi riconoscersi in esso e lottare per portarlo avanti, con passione e dedizione. Io come altri ho avuto la fortuna di trovarlo. Voi? Seguite il vostro istinto e la vostra passione, non fatevi ingannare da altre stronzate.”
Per “stronzate” immaginiamo che ci si riferisca alle leggi vigenti ed alle norme della civile convivenza, tutta roba che a questo JBROCK deve sfuggire per aver fatto molte sega a scuola, troppo impegnato forse ad andare ad imbrattare in giro, o per essere stato sempre distratto quando qualcuno si dava pena di cercare di insegnargliela qualche regola di buona creanza.
Che qualcuno scopra che non ci sia nulla che lo faccia sentire meglio che scrivere sui muri è una buona notizia, pieno com’è il mondo di gente che non sa quello che vuole. Purché però questi muri siano quelli della propria casa, magari della propria cameretta che la si può anche trasformare in una novella Cappella Sistina senza dar fastidio a nessuno, oppure siano muri di privati che acconsentano a che vengano illustrati con qualcosa che sia anche di loro gradimento.
Se invece si va in giro ad appiccicare le proprie non esattamente discrete opere un po’ ovunque, questo non va bene, perché si impone ad altri il proprio discutibilissimo gusto per di più probabilmente violando più di una norma vigente (le stronzate di cui sopra). Tanto per contestualizzare, se vado a visitare la basilica di S. Giovanni, perché debbo essere costretto ad incrociare con lo sguardo il faccione giallo che troneggia sul manufatto porpora al centro della piazza? Perché un singolo prova godimento nell’affiggere il faccione? E tra me disturbato da quella vista e l’altro che gode nell’allestirla, nel caso chi sarebbe il prepotente?
Peraltro il tipo qualche buona vena artistica deve pur averla, se le sue opere hanno iniziato ad essere esposte in gallerie e musei.
Ma nonostante il riconoscimento di un qualche valore della sua opera, della qual cosa ci congratuliamo sinceramente con lui, rimane però in costui una confusione di fondo su come vanno interpretate le leggi, cominciando magari col rispettarle, oltre che le regole non scritte di una civile convivenza. Dichiara infatti il tipo nell’articolo riportato:
“Molti si – o mi – chiedono come vivo il passaggio tra l’illegalità della mia ricerca su strada e la legalità della stessa dentro un museo. Non è cambiato nulla per me, ma è cambiato intorno a me, è cambiata la percezione del pubblico, forse proprio tramite quello che io e gli altri abbiamo fatto nel tempo e nell’illegalità.”
E invece no, non è cambiata per nulla la percezione del pubblico, perché chi si schifava alla vista di muri e vagoni di treni e metropolitane devastati da scritte e tag continua a farlo. E rimane una prepotenza di pochi zozzoni il costringere miriadi di persone a viaggiare in vagoni lerci e dove non si vede fuori dai finestrini per le scritte.
Quello che è cambiato è semplicemente il contesto dove il presunto artista espone le sue opere, un luogo adeguato allo scopo e dove egli può fieramente mostrare il proprio lavoro.
A conferma della confusione del tipo tra legale e illegale vi è il riferimento al Cristianesimo che fa nello stesso articolo, ricordando quando era un culto illegale ma trascurando il fatto che praticare un culto non intacca in alcun modo le libertà degli altri, mentre imbrattare muri e cartelli stradali (sì, pare fosse anche questa una specialità del tipo) invece lo fa.
Vabbè, in definitiva nulla di nuovo sotto il sole. L’ennesimo graffitaro che vede riconosciuto il valore della propria opera ed invece che fare ammenda della sporcizia che ha seminato in città per anni prova a farla passare come un percorso vistuoso per la comunità, mentre non può essere considerata altro che un modo a buon mercato per lui per farsi le ossa con bombolette e vernici.
Una curiosità infine. Nella nostra ricerca ci siamo imbattuti anche in un blog che sembra andare a caccia di opere di street art ed abbiamo trovato un loro post che illustra una passeggiata sugli argini del Tevere con commenti e senzazioni praticamente opposte a quelle che abbiamo documentato noi più volte alla vista degli stessi luoghi.
Non è che siamo insensibili agli stimoli artistici, ma riteniamo inammissibile che l’ultimo degli stupidi si svegli una mattina e possa decidere di esprimersi dove gli dice la testa, sia esso un tratto di mura Aureliane o uno dei muraglioni del Tevere oppure uno dei vagoni della metropolitana, senza che qualcuno lo fermi o gli chieda conto del danno fatto.
Anche quello dei graffitari è un fenomeno che può e deve essere governato, se solo ci fosse un governo cittadino degno di questo nome.