Il verde non viene mantenuto per la solita cialtronaggine capitolina

 

All’inizio fu Mafia Capitale. Era l’epoca della giunta Marino e il bubbone era scoppiato da poco. L’amministrazione, che nulla aveva a che fare con quegli appalti ereditati dalla sindacatura Alemanno, decise di revocare tutte le ditte che facevano manutenzione del verde orizzontale. “Odor di corruzione” era il motivo che portò ad una decisione così drastica.

I giardini della città, le aiuole, gli spartitraffico divennero piccole giungle urbane. Il sindaco Marino e l’assessore Marino (eh già si chiamavano allo stesso modo) avevano impostato nuove gare d’appalto ma non fecero in tempo a bandirle perché quell’esperienza politica si interruppe bruscamente. Arrivò allora il prefetto Tronca, commissario straordinario che gestì la città fino alle nuove elezioni, ma non volle metter mano alla spinosa questione del verde. L’avrebbe fatto la nuova giunta, pensò il Prefetto, con una legittimazione politica e con un forte consenso popolare.

E in effetti nel giugno del 2016 Virginia Raggi vince a mani basse. La sua è la prima amministrazione monocolore del dopoguerra: nessun compromesso con i partiti alleati, nessun ostacolo dettato da questo o quel consigliere di maggioranza. I romani si aspettano grandi cose dalla Raggi, tra le quali una nuova gestione del verde pubblico, diventato ormai indomabile.

 

La Sindaca va in tv, risponde ai giornalisti e ripete la solita cantilena: “Abbiamo trovato un Servizio Giardini senza uomini e mezzi. C’è pochissimo personale per un’enormità di verde pubblico. Facciamo quel che possiamo”. E già qui la Raggi mostra la sua malafede e fa leva sull’ignoranza di chi l’ascolta. “Non ha uomini perché quelli di prima li hanno licenziati tutti e non ne hanno assunti”, è la vulgata che gira sui social e che fa passare i 5Stelle come vittime della politica corrotta. Ma le cose stanno davvero così?

No, niente affatto! La verità è tutt’altra. Le precedenti amministrazioni, a partire da Rutelli, avevano deciso di esternalizzare la manutenzione del verde orizzontale. E’ un lavoro stagionale (con forte richiesta in primavera estate e meno lavoro in autunno inverno). Pagare tutto l’anno centinaia di giardinieri che hanno picchi di impegno per 6 mesi non ha senso – pensano le giunte del passato – per cui meglio affidarsi a ditte appaltatrici: queste potranno chiamare un maggior numero di operai quando c’è più richiesta e diminuirlo durante le fasi di blocco della vegetazione. Il Campidoglio risparmia e il servizio è più fluido. Ecco perché il Servizio Giardini non ha personale, non perché “quelli di prima” avevano rubato e licenziato, ma solo perché avevano compiuto una scelta. Sbagliata o buona che fosse, era una scelta e la Raggi – se voleva ridare decoro alla città – doveva immediatamente riassegnare l’incarico a nuove ditte appaltatrici.

Ma la Raggi non lo fa e anzi continua a ripetere la litania del Servizio svuotato. Un nonsense dal punto di vista amministrativo, dato che il servizio era stato esternalizzato.

Trascorrono due anni e 5 mesi senza che nessuno (ripetiamolo nessuno) si prenda cura del verde di Roma. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: parchi con l’erba alta 80 cm, erbacce infestanti, aree giochi impraticabili. Finalmente nel novembre del 2018 – dopo averci provato ben 3 volte – il Campidoglio a guida 5Stelle riesce ad aggiudicare l’appalto ad alcune ditte, con l’incarico di sfalciare l’erba, pulire le aiuole, sistemare i giardini. Dunque il problema non era che mancava personale, ma semplicemente che la Raggi non era riuscita a bandire le gare.

Tutto risolto? Neanche per sogno, perché oggi – luglio 2019 – i giardini di Roma restano in abbandono. Pochi uomini, poche ditte? No, il motivo è che le ditte vincitrici delle gare non sono mai state pagate! Non hanno ricevuto i soldi pattuiti per un errore contabile (!?!). Si sono dimenticati di spostare sul 2019 le poste di bilancio del 2018 destinate a questi pagamenti: oltre 4 milioni di euro per 5 ditte e 46 squadre di pulizia. E così le imprese hanno deciso di incrociare le braccia: “Non lavoreremo finché non vediamo i soldi”, hanno detto tramite Mauro Mannocchi di Assartigiani che raggruppa 42 aziende che si occupano di verde pubblico.

 

Insomma la storia del Servizio Giardini svuotato di personale era tutta fuffa per coprire l’incapacità dell’attuale amministrazione. Che si conferma cialtrona e imbelle anche per la questione del verde verticale, cioè gli alberi. Come sappiamo negli ultimi mesi ne sono caduti a decine per la loro mancata potatura e perché arrivati a fine del ciclo di vita. Il problema è anche qui burocratico: non hanno scritto un contratto per cui le ditte che si sono aggiudicate l’appalto non hanno potuto firmare nulla. Non c’è un pezzo di carta, un accordo tra le parti, niente. E così se a Roma nel 2014 erano caduti solo 12 alberi, nel 2018 siamo passati a 401 con un incremento del 730%. Spiega l’agronomo Franco Milito a il Messaggero: “Quando iniziammo il monitoraggio la situazione era disastrosa. Ma ora è allarmante sapere che Roma è ancora disseminata di alberi secchi e pericolanti. Assurdo vederli ai bordi delle strade col rischio che si possa far male qualcuno”. Per Milito occorre un intervento da 100 milioni per rimettere in sesto il patrimonio arboreo della capitale.

Il problema non sono i soldi perché questi sono disponibili in cassa da diverso tempo. Il problema sta tutto nella superficialità e lentezza della giunta Raggi che non riesce ad assegnare un appalto minimo, figuriamoci se sbloccherà quelli così importanti, relativi al verde orizzontale e verticale.

 

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