Incentivi per le bici e le ciclabili a Roma: spunti di riflessione

Pubblichiamo un contributo esterno sui temi della ciclabilità a Roma e ci chiediamo perché dopo 4 anni l'amm.ne non è ancora in grado di ascoltare i cittadini esperti

Qualche giorno fa abbiamo letto un thread su Twitter scritto da Marco Latini, una persona che twitta spesso su argomenti legati alla ciclabilità, e avendolo trovato un’interessante riflessione abbiamo invitato Marco a rilanciarlo sulle nostre pagine.

Marco ci ha fatto avere quel contributo arricchito con ulteriori sue riflessioni, anch’esse per noi molto condivisibili. Eccole.

 

 

Parliamo di incentivi all’acquisto delle bici incluso nel nuovo decreto legge per far ripartire l’Italia e cerchiamo di comprendere meglio gli obiettivi e perché altre strade potevano e potrebbero essere migliori per alcuni obiettivi.

 

Per prima cosa è da chiarire che in Italia in quasi tutte le grandi città e aree metropolitane il problema del traffico privato crea problemi di salute, inquinamento e causa danni da incidenti stradali che portano ad almeno 3000 decessi ogni anno oltre un numero di feriti di varia natura molto grande.

Il coronavirus ha peggiorato alcune situazioni per cui il prendere mezzi pubblici potrebbe essere un problema e quindi molto del modo con cui ci si muoverà si sposterà da mezzi di trasporto pubblico a mezzi privati. Però ci sono dei limiti fisici sia delle strade che dei posti parcheggio che impone le amministrazioni a chiedere di utilizzare dei mezzi privati a basso impatto sul traffico e sugli spazi. Quindi sono nate diverse iniziative pro mobilità privata urbana più lenta ma con ridotto ingombro: ciclabili di emergenza e nuovi piani di sviluppo per le ciclabili, cambiando anche strade e arredo urbano per disincentivare uso di auto private. A riguardo c’è anche da notare che se negli anni 60-80 c’erano macchine che portavano 4 persone, tipo le mitiche 500, le attuali 500 occupano uno spazio doppio delle macchinette precedenti, che in realtà occupavano spazio per poco più di una smart a due posti.

Quindi c’è un enorme problema di occupazione di suolo con le nuove auto e a maggior ragione con i SUV, tanto che forse si dovrebbe pensare a far pagare tasse non più in base a cilindrata o potenza, ma a metri quadri e peso. Ma questo è un altro tema.

 

Le ciclabili di emergenza sono quelle ciclabili che proprio per disincentivare per un periodo di breve-medio termine l’uso di auto private, tolgono posti parcheggio e spazio circolazione per darlo a pedoni, biciclette e altri mezzi elettrici di spostamento (che semplicemente vengono indicati con monopattini elettrici). Queste in maniera oculata sono state introdotte in molte città europee e nel mondo proprio per far distanziare pedoni meglio che sugli attuali marciapiedi (ristretti per far posto alle auto) e per dar spazio a biciclette che possono essere un valido modo alternativo per spostarsi per andare al lavoro avendo una velocità media di 15-20km/h in città e occupano uno spazio 1/15 di una sola auto. Quindi più veloci di un mezzo pubblico (velocità media 11-15 km/h) meno necessità di spazio, emissioni inquinanti ridottissime rispetto mezzi a motore, movimento per chi le usa che porta a miglioramenti di salute in generale.

 

Purtroppo non tutte le amministrazioni hanno capito il valore di tali ciclabili, le hanno realizzate dove servivano per pedoni, bus, bici, ma le stanno iniziando tardi, con una lentezza di lumaca (a Roma hanno dichiarato che dovrebbero farne 150km con un ritmo di 3km/giorno – e già era un piano che arrivava a settembre – poi si stanno realizzando solo 4km a settimana e quindi tempi di 1 anno per completarle tutte) e spesso sono poste in zone dove il passaggio di auto e bici era già ridotto.

Inoltre non c’è un vero piano parcheggi già da prima e quindi se in una città era già invasa da doppie file e da auto parcheggiate tutto il giorno in zone con divieto di fermata, dopo non è così agevole intervenire. Anzi alcuni posti di blocco da parte della Polizia locale erano posti sulle ciclabili (come a Roma a Portaportese) quindi ci sono problemi di percezione importanti.

Inoltre se si prendono i dati di auto tracciamento dei ciclisti (meno di 1000) fatti nel mese di maggio del 2016 per tracciare e pianificare sia il PUMS che queste ciclabili a Roma diventa evidente che non si stanno facendo azioni strutturali aggiornate, per dar respiro ad aree che potrebbero essere congestionate.

Parlo di ciclabili perché è un argomento cardine tipo è nato prima l’uovo o la gallina: la ciclabilità urbana aumenta in presenza di ciclabili o i ciclisti fanno aumentare il numero di ciclabili?

 

Prima di affrontare il tema vale la pena di capire cosa spinge le persone ad usare la bici (o un mezzo leggero come il monopattino) in città dove ci sono 99 auto ogni bicicletta. Chi lo fa lo ha deciso per scelta (le motivazioni sono tantissime: salute, movimento, divertimento, economiche, ecologiche, moda, etc.) e quindi dopo alcuni tentativi ha deciso di usare la bici e della sua decisione ne è consapevole e quindi ha imparato a vivere nella giungla urbana anche senza ciclabili (che per altro da CdS sono obbligatorie anche se fini giuristi ci dicono che quelle ad uso promiscuo non lo sono, però amici runner che le invadete sappiate che chi va in bici è sanzionabile se non le percorre). Percepisce come pericolo però le auto mal parcheggiate, la velocità e l’apertura degli sportelli sconsiderata.

Convincere persone a spostarsi in bici deve far leva su ‘non c’è spazio per alternative’ ovvero tolgo parcheggi o corsie per far girare anche un bambino che ha appena imparato ad andare in bici. Questo pretende che auto e bici viaggino separate, non può esserci invasione di campo, la sicurezza deve essere la prima regola. Cosa che le ciclabili di emergenza prevedono mettendo magari parcheggi tra corsia ciclabile e auto in movimento. Una bike lane (ovvero una striscia dipinta a terra per segnalare che lì potrà andare una bici e a cui le auto devono dare precedenza) non è una struttura in sicurezza, ma può dare alle auto un invito alla prudenza, in alcuni casi è una falsa sicurezza (dipende da quanta confidenza di guida nel traffico ci sia già a non andare in modo troppo sicuro).

 

Torniamo però al tema principale degli incentivi bici dichiarando che non sono incentivi per la ripresa di un mercato (quello della bici) che non ha avuto crisi e che è in espansione da alcuni anni con nuovi modi oltre alla città, corsa e mountain bike ora ci sono le cross e le gravel e le numerose e-bike che aiutano a far salite e a sudare meno. Devono essere incentivi per lasciare a casa auto che saranno usate per weekend, per spostarsi con la famiglia, per muoversi con carichi e con un uso di più di 20km/giorno.

Dare un incentivo all’acquisto già meno di 10 anni fa per aumentare mobilità urbano in bici fu un fallimento, ma il legislatore e il burocrate italico non ha modo di vedere cosa si faccia altrove e proporre modi nuovi di ‘incentivare la mobilità urbana non in auto’. Solo in pochissime città si sono sperimentati metodi alla francese o alla belga con un rimborso effettivo chilometrico, da nessuna parte invece modelli all’inglese o all’irlandese dove è il datore di lavoro che acquista mezzi e accessori per conto del lavoratore che partecipa alla spesa ma ne è solo utilizzatore, non proprietario. In questo modo c’è un controllo che il mezzo e gli accessori siano usati effettivamente per il bike to work e non per avere uno sconto sull’ultimo modello da 5000€ di bici da corsa o MTB.

Nel nuovo incentivo poi non si tengono conto dei pendolari e dell’intermodalità auto-parcheggio scambio o trasporto pubblico-bici, non si considera la spesa massima (ma solo il massimo rimborso e si ha massimo ritorno incentivo spendendo intorno a 850€), né il reddito delle persone/famiglia.

Inoltre c’è sempre questo massimizzare incentivi per il nuovo e non per accessori, trasformazioni di vecchie bici, non c’è quel vero passaggio ‘ecologico’ che vedrà buttate delle bici da sistemare (anche questo è lavoro per artigiani e per economia locale, ma sembra ci sia visibilità solo per industriali).

Altro punto non secondario è dove saranno conservate le bici sia a casa che al lavoro. Già a casa se ci sono più bici dentro casa potrebbe essere un problema, in nord italia anche i sottoscala e i cortili non bastano più, devo avere degli spazi comuni dove riporle che siano controllati (per evitare furti) così al lavoro – sono stato fortunato che da 10 anni ho sempre potuto avere bici in locali sotto controllo o dentro ufficio (ma qui si apre un discorso di sanificazione che debbo ancora comprendere nel dettaglio) ma non tutti i datori lavoro hanno stalli bici controllati o spazio per ospitare in cortile bici o monopattini – non ci sono né stalli distanziati per moto e bici né negozi dove poter lasciare bici sotto controllo – e magari lasciare borse con cambio e far fare piccole riparazioni – quindi arriveremo ad avere bici da 800/900€ nessun posto dove poterle lasciare in sicurezza e spenderemo poco per catene e lucchetti favorendo un mercato del furto che, senza un registro comune dove indicare la proprietà, potrà farla franca nella stragrande maggioranza dei casi.

 

Nella mia personale visione al posto di questi incentivi si doveva pensare a dei modelli di incentivazione su uso effettivo (rimborso km o acquisto aziendale bici) oppure a dare alle polizie locali massima attenzione alle soste per proteggere non più automobilisti ma pedoni e ciclisti (droni per mala sosta dopo averli usati per runner), oppure dare incentivi alle infrastrutture (ciclabili e stalli), modificare il CdS (dove ci sono anche regole per costruzione strade e modificare spazi per bici), creare un modello unico per classificare, progettare e costruire le diverse ciclabili (ora ci sono regole regionali non più statali).

 

Tornando a Roma c’è da notare troppo particolarismo tra persone auto nominatesi esperte, sia tra i movimenti e associazioni, che nelle società comunali parlano di successi della ciclabilità a Roma. Manca un gruppo di lavoro che possa essere di riferimento nell’amministrazione comunale nel rivedere la mobilità nel suo complesso con un occhio maggiore a biciclette (ora divenute più importanti nel medio periodo del TPL che sarà usato di meno) considerare come far andare studenti a scuola in bici, per favorire vero bike sharing (come modello parigino o londinese). Un esempio di quanto avrebbe aiutato anche in questi giorni avere un gruppo di lavoro unico (o una cabina di regia mobilità – infrastrutture) e non una suddivisione dei ruoli tra amministrazione e partecipate: nel piano dei 150km ci sono via di Vigna Murata e la ciclabile sulla Colombo fino a Ostia, però il comune ha appena rifatto la segnaletica orizzontale per queste due strade, quindi si spenderanno dei soldi per cancellare e rifare linee appena realizzate. La situazione di Roma è ancor più caotica da quando chi parla di mobilità è più il presidente della commissione mobilità che i due assessori: c’è stato un evidenti sbaglio nella scelta delle persone e nel ruolo da dare all’interno della giunta.

Inoltre non ho ben capito come si sia deciso di prendere progetti del PUMS realizzarli in maniera bike lane emergenziale, coinvolgere i mobility manager aziendali del territorio comunale e non aver messo in cantiere nuove ciclabili per zone industriali e di uffici non raggiunte da ciclabili.

 

Comunque se ci sono persone che vogliono provare ad usare la bici per andare al lavoro sono pronto a dar consigli a trovare percorsi assieme a molte persone che da anni usano la bici, non potrò dare consigli sulla bici da acquistare, ma su cosa portarsi appresso, su cosa far controllare bene dal ciclomeccanico, vedere possibili strade etc.

Roma è grande ma è ‘pedalabile’ ci sono salite che saranno ardue all’inizio, ma possono esserci alternative più agevoli e dopo per prime volte tutto sarà più semplice. In questi giorni ho visto molti far riparare bici e usarle, spero che poi questo porti più attenzione e consapevolezza e possa farci usare la bici o il monopattino senza rischi anche fuori ciclabile.

 

Marco Latini

mrc.latini@gmail.com

@marcolatini19

 

 

Nel ringraziare Marco per il contributo, ci chiediamo perché l’amministrazione che si era presentata con lo slogan “Trasparenza e Partecipazione” dopo quattro anni ancora non riesca a coinvolgere in maniera strutturata le tantissime risorse cittadine che hanno maturato una grande esperienza nella mobilità ciclabile. Ai tempi del delegato alla ciclabilità si era cominciato ad avere incontri pubblici periodici, ma non si era andati oltre il primo, dopo del quale lo stesso delegato si era dato alla macchia.

Sull’utilità dei contributi esterni all’amministrazione non crediamo ci siano dubbi. L’altro giorno abbiamo dato conto di quanto fortuitamente capitato a quelli di BiciRoma. Ieri sera su Propaganda Live hanno fatto vedere come la nuova ciclabile del Torrino non sia proprio perfetta. Perché continuare a sbagliare di testa propria quando i suggerimenti degli esperti potrebbero anticipare i problemi o fornire soluzioni migliori?

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Una risposta

  1. Premessa: quando vivevo al nord utilizzavo regolarmente la bicicletta, a Roma per vari motivi ho dovuto smettere la mancanza di ciclabili centra relativamente, a Bologna le ciclabili (all’epoca) in centro non esistevano e le strade medioevali non hanno nulla da invidiare in quanto a sanpietrini e larghezza ai vicoli romani. Il problema è fondamentalmente le distanze (ma ora le bici a pedalata assistita aiuteranno) e il clima che spesso ti fa arrivare a destinazione sudato e se lavori …
    A mio avviso le ciclabili si dividono in due gruppi: quelle per piacere (tipo zona aniene che ti permettono le belle passeggiate nelle giornate di festa) utili per carità ma fino ad un certo punto e quelle che ti portano dove serve (cioé al lavoro) quindi lungo le consolari (tipo quella sulla nomentana, tuscolana) e queste che alla fine sarebbero quelle utili a snellire il traffico veramente vanno fatte protette assolutamente e soprattutto presidiate. Personalmente prenderei la bicicletta se fosse messo in sicurezza un nodo chiave del mio tragitto casa-lavoro: il ponte sulla tiburtina altezza stazione, un delirio di incroci, rientri, svincoli che rendono difficilissima e pericolosissima la vita di chi usa la bicicletta.
    E non c’é una strada alternativa considerando Ponte Lanciani (che è peggio) o la prenestina che corre stretta sotto la sopraelevata.

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