Inseguendo Lafuente, l’architetto che costruì il Moderno a Roma

In anteprima per diarioromano, le fotografie dell'ultimo libro di Stefano Nicita su uno dei più interessanti progettisti del novecento

Un anno fa, alle porte dell’estate, intervistammo Stefano Nicita a proposito del suo libro sul valore architettonico di alcune palazzine romane. Quell’articolo, letto da quasi 100 mila persone, costituisce la prova dell’interesse che la buona architettura può suscitare sul grande pubblico. Basta saperla guardare. A volte abbiamo sotto gli occhi piccoli capolavori e non li notiamo nell’errata convinzione che una città come Roma valga solo per la sua storia passata.
In quell’intervista, Nicita (architetto, romano e appassionato) anticipò il lavoro di ricerca che stava conducendo su Julio Lafuente, uno dei più prolifici progettisti di edifici di qualità nella capitale. I primi di giugno del 2024 è uscito su Amazon il suo libro “Inseguendo Lafuente – l’architetto che venne a Roma a costruire il Moderno”
Abbiamo chiesto a Stefano Nicita di presentare questo lavoro e di anticipare ai lettori di diarioromano alcune delle fotografie più interessanti contenute nel volume.

 

Santa Marinella: villini (1952-54)

 

di Stefano Nicita

 

La mia ricerca fotografica su Julio Lafuente è nata sia per incontri casuali con le sue opere sia perché legata a quella più ampia che svolgo da anni su Roma Moderna e che mi ha portato inevitabilmente a conoscere il lavoro dello studio Monaco-Luccichenti, di cui Lafuente è stato collaboratore per anni.

Ha senso pubblicare un libro su Julio Lafuente se lo hanno già fatto altri che, al contrario di me, erano professori universitari e studiosi riconosciuti internazionalmente? Cosa potrei dire di più interessante e illuminante? La risposta forse sta proprio nel fatto che io, come probabilmente molti altri, non conoscevo le opere di Julio Lafuente e neanche i libri scritti su di lui, nonostante abbia studiato Architettura a Roma, dove ha costruito la maggior parte delle cose, che non sono poche.

Quindi i miei incontri con l’architettura di Julio, da collaboratore e da progettista autonomo, prima casuali perché sconosciuti, e poi volontari perché mirati a sviluppare la ricerca, sono forse un buon motivo per pubblicare questo libro che si concentra, attraverso la fotografia, sulle realizzazioni nel campo residenziale e sugli elementi architettonici più belli e significativi che le caratterizzano.

Villa Fiorita: palazzina (1965)
Villa Fiorita

Alla luce del panorama odierno dell’architettura in Italia e in Spagna, della scarsa conoscenza di quella italiana e soprattutto romana degli anni cinquanta e sessanta, la vicenda professionale dell’architetto Julio Lafuente è piuttosto incredibile, ma probabilmente lo fu anche allora. Il libro prende spunto dai miei incontri casuali con le architetture legate a Lafuente,  inquadrate a posteriori nella vicenda dell’architetto, che nel 1952 voleva andare a New York perché si era innamorato del Seagram Building di Mies e lì voleva costruire, ma – su consiglio di un amico di Madrid – finì nella più vicina Roma, dove l’architettura moderna si stava sviluppando molto nei villini e nelle palazzine dei Parioli (numerose dello studio Monaco-Luccichenti).

Grazie alle ricerche è nata una piccola guida fotografica alle architetture residenziali romane di Lafuente, organizzata cronologicamente, con una serie di schede con foto attuali mie a colori e immagini in bianco e nero provenienti dall’archivio, fondamentalmente disegni e foto d’epoca, inquadrate con piccole mappe di dettaglio per localizzarli

INA Tuscolano: dettaglio (1965)

 

Il titolo Inseguendo Lafuente non avrebbe neanche bisogno di troppe spiegazioni se non nascondesse un divertente paradosso, cioè il fatto che in un certo senso è stato lui ad inseguire me, visto che ho scoperto più volte casualmente opere sue, da collaboratore e da architetto, in posti diversi e in situazioni inaspettate, a dimostrazione del fatto che Roma Moderna è così poco conosciuta e raccontata, che forse è più facile incontrarla per strada che sui libri.

La prima volta a Santa Marinella, che poi forse fu anche la sua prima volta come architetto progettista, visto che a quanto pare si trattò del suo lavoro di prova per entrare nello studio di Monaco e Luccichenti, dove poi restò per molti anni, ottenendo anche una discreta autonomia nella progettazione.

Durante questi anni di ricerca mi sono divertito a raccontare sulle reti sociali i miei vari incontri casuali con le opere di Lafuente. Da via San Crescenziano a Palo Laziale, da via Conca a via Vitellia, passando per via di Villa Betania dove miracolosamente un’opera di Julio si è trasformata in due palazzine, una più bella dell’altra.

Via Sebastiano Conca: palazzina (1964)
Via Vitellia: palazzina (1955)
via di Villa Betania: palazzina (1963)

 

A conferma del fatto che, come dissi un po’ per gioco a Giuseppe De Filippi de Il Foglio in quell’intervista così improbabile, la mia piccola ricerca si chiama Inseguendo Lafuente ma forse è lui che ha inseguito me. Grazie a questa vena umoristica e forse anche alle foto e a un minimo di occhio architettonico, la figlia di Julio, Clara, si è accorta della mia ricerca e mi ha gentilmente offerto i documenti dell’archivio che ho utilizzato per completare le schede dei vari edifici con disegni e foto d’epoca.

Ippolito Nievo I: intensivo (1974)
Ippolito Nievo II: intensivo (1977)

A parte la qualità architettonica sempre presente e ben documentata dalle foto, credo sia importante notare il passaggio di Lafuente dal linguaggio architettonico di derivazione razionalista utilizzato nello studio Monaco-Luccichenti a quello più organico che caratterizzerà la sua personalissima ricerca successiva. I primi due intensivi a viale Trastevere, che sono proprio accostati, mostrano molto bene questo passaggio; nel primo i balconi sono rettangolari e si inseriscono in geometrie e volumetrie squadrate mentre nel secondo la facciata si piega generando volumi trapezoidali con i balconi e i muri a protezione della riservatezza, problema a lui molto caro sin dall’inizio. Proprio questi temi introdotti nell’intensivo detto Trastevere II del 1957, i balconi trapezoidali accompagnati da murature di protezione in laterizio, caratterizzeranno, con numerose varianti e approfondimenti nei dettagli, la sua ricerca architettonica successiva.

 

 

Trastevere: intensivo I (1955)
Trastevere III: intensivo (1964)
Trastevere II: Intensivo, mosaico negli androni

Stefano Nicita
Inseguendo Lafuente – 153 pagine
disponibile su Amazon


Sullo stesso tema

La “palazzina” romana fu anche occasione per fare grande architettura. E’ ora di riscoprirla | Diarioromano

 

Condividi:

6 risposte

  1. Arch Julio Lafuente, Ing.Gaetano Rebecchini. Firmarono la costruzione del grande fabbricato ESSO alla Magliana che bonificò l’area e si inserì nel panorama della strada che, da Roma, conduce all’aeroporto di Fiumicino. Opera straordinaria di grande ingegneria e bellezza estetica.

  2. Ho approvato e ho seguito l,come tecnico dell’edilizia citeriale ,la realizzazione di una cappella funeraria progettata dall: architetto Lafuente nel cimitero Flaminio in Roma.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I nostri ultimi Tweets

la città del quarto d’ora

dove nessuno fa nulla per affrontare il problema del numero abnorme di auto in circolazione e della sosta selvaggia, tollerata e usuale

In attesa del tanto pubblicizzato “project financing 2.0 smart” (full elettric) 🤔😴 sarebbe il caso di intervenire urgentemente almeno sugli attraversamenti pedonali @anderboz @gloquenzi e alla informazione servizievole del @IlMsgitRoma @anDre4cAPpeLLO @GassmanGassmann

Purtroppo nel “miglior cestone che si poteva realizzare” (cit.) ci si è dimenticati di prevedere uno spazio per i mozziconi.
#ProntiPerIlGiubileo

Hai voglia a sostituire binari e comprare tram nuovi, se poi a Roma continua a bastare un’auto in sosta d’intralcio per bloccare intere linee.
#ProntiPerIlGiubileo

Load More

Suggerimenti di lettura
Ultimi commenti

Altri articoli nella stessa categoria