L’albero di Natale quest’anno è bello perché si è fatto come nel resto del mondo

 

Ogni tanto sentiamo dire ai 5stelle capitolini che Roma è diversa e che qui non si possono fare le stesse cose che si fanno nel resto del mondo. Che la Capitale, per via della sua storia, della sua archeologia, del suo debito, del Pd ……. e di chissà cos’altro non può avere una metropolitana come in altre città, un commercio ambulante normale come nel resto d’Europa, un mercato di Natale bello e ricco di fascino come quelli austriaci, una rete ciclabile come quella di Barcellona e così via. Insomma Roma, non si sa per qualche motivo, sarebbe condannata a trovare una via propria alla soluzione dei problemi.

Ebbene è totalmente falso! La scelta di non copiare o adattare quello che si fa da anni, con successo, nel resto del Paese o del mondo, ci ha condannato a vivere nella metropoli più inefficiente d’occidente. Ed è esattamente quello che è accaduto con l’albero di Natale di piazza Venezia in questi ultimi due anni. Spelacchio e Povero Tristo, i due abeti più brutti mai realizzati a Roma, sono stati l’esempio di quella via tutta romana che i 5stelle stavano cercando. E – quando hanno visto che l’insuccesso perfino per la realizzazione di un albero rischiava di travolgerli – si sono decisi a fare come fanno tutti gli altri: affidare l’appalto a chi queste cose le fa da anni. E il risultato è un albero bello, che attira visitatori e che ha portato denaro nelle casse capitoline.

In queste ore la Raggi si sta prendendo il merito dell’operazione albero di Natale. Sabato sera era orgogliosamente presente all’accensione delle 60mila lucine a led, assieme a Beppe Grillo e ai maggiorenti pentastellati. Ma occorre precisare che anche quest’anno il rischio Spelacchio era alle porte e che per il terzo anno consecutivo, la giunta aveva scelto la folle strada di far realizzare l’abete a qualcuno non esperto, sol per evitare di dare l’incarico alle multinazionali cattive e oppressive!

Facciamo allora un passo indietro. Dato che sui giornali e su internet nessuno spiega la genesi del bell’albero di quest’anno, lo facciamo noi!

Nel 2016 e nel 2017, l’amministrazione scoprì che il Natale arriva il 25 dicembre solo a novembre (!!). In effetti, senza un minimo di preavviso e di preparazione, all’ultimo momento, diede l’incarico di realizzare un abete a piazza Venezia ad una ditta trovata chissà come, senza fare una gara e caricando il costo sulle spalle dei romani. Nel 2016 l’albero costò 15 mila euro e nel 2017 furono stanziati 49 mila euro (mille euro in meno della soglia sopra la quale per legge è necessario fare una gara). Gli allestimenti furono talmente brutti da ridicolizzare Roma in tutto il mondo.

Scattò una specie di controffensiva grillina che arrivò a vantarsi della tristezza di Spelacchio tanto da farne un simbolo della decrescita e del risparmio.

La senatrice Taverna “orgogliosa” di Spelacchio

 

In realtà, questo ed altri blog avevano suggerito all’amministrazione di seguire una strada molto più onesta e cioè bandire una gara di appalto grazie alla quale sarebbe stato trovato uno sponsor che – non solo avrebbe pagato i costi – ma avrebbe versato una somma al Campidoglio. Non ci eravamo inventati niente, nessuna idea brillante. E’ solo quello che accade in tutto il mondo e in tutta Italia da sempre!!

Ebbene, anche quest’anno – non paghi di aver fallito per due anni di seguito –  i geni capitolini avevano deciso di fare di testa loro. Avevano predisposto un avviso pubblico che chiedeva ad uno sponsor di pagare i costi dell’albero ma senza mettere in evidenza il proprio marchio. Non si sa per quale motivo, qualcuno si sarebbe dovuto assumere una responsabilità così grande, di esporsi sotto riflettori di tutto il mondo, senza alcun ritorno pubblicitario. Nel giugno scorso avevamo messo in guardia l’amministrazione da questa assurda procedura.

Ovviamente a quell’avviso non rispose nessuno. E così, gioco forza e costretta dalla pressione mediatica, la Raggi si è decisa a fare una gara normale, come fanno tutti. Alla gara normale ha risposto una multinazionale della pubblicità, la Igp Decaux, che ha trovato uno sponsor (Netflix) che avrebbe finanziato l’operazione. Dei 376 mila euro che Netflix ha versato, una buona parte andranno nelle casse capitoline. Le multinazionali cattive e imperialiste hanno portato soldi, hanno prodotto un bell’albero e hanno permesso alla Raggi di vantarsi della sua operazione (che non avrebbe voluto fare neanche quest’anno).

Conclusioni: non si può e non si deve trovare una via tutta romana per risolvere i problemi. Per le buche servirebbe un appalto unico (e non mille microappalti) in modo da dare la responsabilità ad un solo interlocutore; per le bancarelle servirebbe una gara che assegni i posteggi ai miglior offerenti (e non sempre alle stesse famiglie da secoli); per il bike sharing occorrerebbe legarlo ai cartelloni pubblicitari in modo da garantire un servizio continuativo (e non affidarlo ad Atac o chissà chi) e così via. Insomma basterebbe fare quello che si fa nel resto del mondo! Senza pregiudizi e pretese di superiorità. La vicenda dell’albero insegna.

 

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