Abbiamo più volte espresso il concetto che se è vero che la politica a Roma ha responsabilità enormi sul disastro cittadino, non si sarebbe potuto fare quello che le cronache di Mafia Capitale raccontano senza una stampa disattenta, quando non servile o addirittura complice.
Chi segue le cronache cittadine con un minimo di spirito critico sa bene infatti che la gerarchia delle notizie non è dettata dalla reale attualità ma il più delle volte decisa nel chiuso delle redazioni, sulla base di dinamiche che hanno ben poco a che vedere con il vivere effettivo dei cittadini.
La vicenda degli scontrini di Marino, ad esempio, è stata esemplare per dimostrare come sia la stampa locale a decidere di cosa si parla, contro chi bisogna prendersela e con quali motivazioni, fregandosene del reale quotidiano della città e dei cittadini.
Una delle dinamiche tipiche di un tale genere di stampa è riprendere periodicamente un argomento, a prescindere dalla sua reale attualità, prospettandolo in maniera da influenzare i lettori (quei pochi che rimangono, peraltro) verso una ben determinata direzione.
Oggi abbiamo un nuovo solare esempio di questo tipo di dinamica, con un articolo del Corriere romano sulla questione dell’ex cinema Metropolitan di via del Corso.
Da notare anzitutto che, puntuale come un cinepanettone, il tema viene sollevato a distanza di un anno da un tentativo simile, al tempo portato avanti da Corriere e Repubblica all’unisono. Allora la scusa per riparlare del Metropolitan fu una risibile raccolta di firme promossa da un’associazione locale, iniziativa che collezionò la bellezza di 700 firme in due settimane, permettendo al Corriere di titolare, senza vergogna, “Vola la petizione online”(!?!).
Questa volta la scusa per riparlare del Metropolitan è un presunto interessamento al progetto dell’assessore Berdini: “Il piano è stato (ri) depositato al Comune pochi giorni fa per volere dell’assessore,” si scrive infatti nell’articolo. Pur non volendo mettere in dubbio il contenuto del pezzo, noi siamo rimasti stupiti nel leggere quella che emerge essere la posizione dell’assessore Berdini, soprattutto ricordando il suo interessamento in questioni simili, come ad esempio quella del cinema America di Trastevere, dove Berdini era decisamente schierato contro la speculazione puramente commerciale, a spese dell’interesse pubblico, ed a favore del mantenimento del presidio culturale. Come possa l’assessore in una situazione simile, com’è quella del Metropolitan, prendere una posizione opposta è qualcosa che vorremmo sinceramente capire.
Se però speriamo che sarà l’assessore stesso a chiarire il suo pensiero sul progetto di riconversione del Metropolitan, quello che vogliamo qui far rilevare è il discutibile, ad essere buoni, contenuto dell’articolo del Corriere che da una parte omette di riportare tutta una serie di elementi, che permetterebbero al lettore di farsi un’idea compiuta sulla questione, e dall’altra presenta un presunto “appello di residenti e cinefili” in termini che fanno a cazzotti con la logica.
Riguardo gli elementi, a nostro modesto avviso, mancanti, riportiamo di seguito una parte del post che pubblicammo un anno fa (repetita juvant).
“Anzitutto l’eventuale degrado dell’area del cinema è stato creato artatamente dalla proprietà dello stesso, quando ha deciso di rescindere il contratto con una gestione del cinema che generava profitto. Non è quindi vero che il cinema fosse in perdita. È vero che una speculazione commerciale permetterebbe di guadagnare molto di più ma i parametri urbanistici, che individuano le destinazioni necessarie in ogni zona della città, esistono proprio per porre un freno agli eccessi del commercio, tutelando le esigenze della cittadinanza.
Il progetto di riconversione prevede che dell’intera struttura solo il 15% circa rimarrà a destinazione culturale, con la creazione di una saletta da circa 100 posti, laddove le norme prevedono un minimo del 50%. C’è quindi la necessità di andare in deroga al piano regolatore generale senza però averne i requisiti.
Per questo ed altri motivi tale progetto ha avuto sì il parere favorevole della commissione urbanistica, ma subito dopo l’espressione di tale parere vi sono stati dei ripensamenti di alcuni membri della commissione stessa (segnatamente dell’on. Peciola che ha chiesto al ministro Franceschini di tutelare il cinema come “sala cinematografica storica”). Inoltre sia la commissione Commercio che quella Cultura dell’Assemblea Capitolina hanno dato parere negativo al progetto. Infine il Consiglio del Municipio I ha approvato all’unanimità un atto in cui si scongiura la riconversione del cinema Metropolitan.
E parlando di petizioni, da quando si seppe della prossima chiusura del Metropolitan ve ne sono state diverse che prima l’hanno cercata di scongiurare e poi hanno chiesto la riapertura delle sale, tutte raccogliendo migliaia di sottoscrizioni.
Vi sono poi i residenti dell’area che si sono sempre battuti perché l’ultimo cinema di via del Corso non venisse cancellato ma anzi fosse riaperto al più presto, rappresentando esso, insieme al Nuovo Olimpia, l’ultimo presidio culturale di una zona che annoverava altri due cinema (Ariston ed Etoile) e due librerie (Ricordi e Feltrinelli) ora tutti chiusi.
Forse gli esercenti dell’associazione che ha promosso l’iniziativa pensano che si possa vivere di solo shopping e non invece anche di un’offerta culturale variegata che se non debitamente tutelata finisce per soccombere alla concorrenza del più profittevole commercio.
Sarebbe stato o no il caso di menzionare tutti questi punti o almeno alcuni di essi in un articolo sul Metropolitan? Probabilmente non è stato fatto perché altrimenti la storiella della petizione online si sarebbe rivelata per quello che probabilmente è, ossia un risibile tentativo eterodiretto e volto a cercare il colpo grosso con il commissario.
Peraltro un giornalista minimamente presente a sé, agli organizzatori della petizione gli avrebbe fatto presente che il modo migliore per combattere il degrado del luogo, se quello dovesse essere il problema, è di riaprire subito il cinema: la cosa sarebbe immediatamente realizzabile e non ci sarebbe bisogno di nessuna firma di Tronca né di alcuna riconversione.”
Riguardo invece l’appello di residenti e cinefili, l’anno scorso indirizzato al Commissario Tronca ed oggi agli assessori Bergamo e Berdini, così almeno pare di capire (“… le richieste di intervento, sempre di residenti e cinefili, sono indirizzate all’assessore alla Cultura Luca Bergamo …” si scrive nell’articolo, ma senza dare elementi fattuali), verrebbe da mettere in dubbio la salute mentale dei “residenti e cinefili”.
Che interesse avrebbe infatti un cinefilo a che si sblocchi un progetto che cancella un multisala per farne un grande negozio con annessa micro-saletta da 100 posti? Quanti sono, ad esempio, i cinefili che hanno apprezzato la riconversione dell’ex-cinema Etoile di piazza in Lucina? In quanti ne affollano la saletta cinematografica che fa ancora bella, ma triste, mostra di sé al piano superiore del grande negozio di Luis Vuitton?
Ed anche i residenti, che interesse avrebbero a che l’ultimo cinema di via del Corso, quello dove usavano andare a piedi, venga definitivamente cancellato per far posto all’ennesimo mega-negozio di cui nessuno, se non la proprietà dello stabile, sente la necessità in quella zona?
Se proprio il problema è il degrado, c’è un modo immediato di risolverlo, senza scomodare assessori, Assemblea Capitolina e Consiglio Regionale, e consiste nel ridare la gestione del cinema a chi lo faceva funzionare profittevolmente, con sommo beneficio di residenti, cinefili e cittadini tutti di Roma. Ma evidentemente questo non è il fine del pezzo del Corriere.
P.s.: nella passata legislatura la proposta di riconversione del cinema vide la ferma e fattiva opposizione del consigliere Daniele Frongia. Chissà se lo stesso è dello stesso avviso e, nel caso, se vorrà ridare segno di sé per l’occasione?
Una risposta
E non è certo un caso che nessun giornale ha voluto approfondire l’altrettanto grave episodio della privatizzazione di via della Frezza!