Ecco un esempio di come non si fa giornalismo. Di cosa significhi essere faziosi, scorretti e senza etica. Il titolo pubblicato dal quotidiano Libero sulla tragedia di ieri alla stazione Furio Camillo – nella quale ha perso la vita un bambino di 4 anni – dovrebbe essere studiato nelle scuole per insegnare ai giovani giornalisti cosa non si deve scrivere per mantenere la dignità di una professione.
Ma non sono solo Libero e Franco Bechis ad aver calcato la mano su Marino. Le persone, forse dovremmo dire i curiosi, che ieri si erano radunati alla stazione della metro hanno fischiato il Sindaco al suo arrivo come se ogni male di questa città fosse causa sua. Intendiamoci siamo stati i primi critici di questa giunta soprattutto nelle ultime settimane quando il sindaco si è mostrato sordo alle richieste minime di decoro che avevamo avanzato e che gli avrebbero garantito un mandato lungo e forte.
Ma la faziosità non paga mai. Anzi provoca l’effetto contrario. E nel caso specifico, dopo l’immane tragedia che cambierà per sempre la famiglia di Marco, noi stiamo con Marino.
Fatta questa premessa, riteniamo però necessario dare una lettura a modo nostro di quello che è accaduto. Il contesto di approssimazione e di superficialità con il quale ogni servizio pubblico viene svolto a Roma. Quella superficialità dettata dall’incuria delle stesse istituzioni nei confronti del degrado che avvolge ogni oggetto in questa città. Spostiamoci per un momento in un’altra stazione della metro A e in un altro ascensore. Eccolo, è l’ascensore che da via Cipro porta alle banchine dei treni.
Devastato dalle scritte, maleodorante di urina, questo ascensore non può essere meccanicamente ineccepibile. Non lo possiamo provare ma ne siamo certi lo stesso. Perché gli operai che ne curano la manutenzione tenderanno a tirar via nel fare il loro lavoro. Perché gli addetti alle pulizie neanche ci passeranno. Perché il contesto, l’immagine di questo ascensore trasmette solo sciatteria e la sciatteria è contagiosa. Lo sappiamo non sono le scritte che fanno bloccare gli ascensori, ma le scritte sono le responsabili di un “laissez faire” senza il quale forse ieri la tragedia non si sarebbe verificata.
Oggi Romafaschifo ha giustamente ricordato le tante vittime inutili di questi ultimi anni: morti che non hanno smosso la coscienza di ciascuno di noi. Vittime anche del degrado e dell’incuria, non solo della fatalità. A quell’elenco vogliamo aggiungere il caso della signora Balduin, un’inglese che rimase schiacciata nella scala mobile della vecchia stazione Tiburtina, un luogo che definire degradato era poco.
Le tragedie accadono ovunque, ma è più probabile che accadano dove la cura dei luoghi è minore. Tollerare ogni aggressione al nostro patrimonio pubblico, significa tollerare anche l’impreparazione degli operatori nei momenti di emergenza. In tutta buona fede l’addetto della stazione avrà cercato di liberare il più in fretta possibile le persone intrappolate nell’ascensore. E sicuramente oggi, dopo la famiglia del bambino, è lui a soffrire più di tutti. Anche l’operatore è vittima di un sistema superficiale e approssimativo e dunque non è giusto gettargli la croce addosso.
Come si può facilmente intuire, siamo tutti vittime di una città che è diventata cattiva e malata. La possiamo guarire solo col nostro impegno. Gli sciacalli che hanno scritto il titolo di Libero non aiutano nel sanare le ferite. Ma aspettano solo di vedere i nostri corpi putrefatti.
La foto in home page è tratta da Repubblica.it