I limiti di velocità sulle strade italiane sono un esempio di quanta distanza vi sia tra le norme vigenti e la pratica quotidiana di milioni di cittadini.
Da una parte infatti c’è una normativa antiquata che prevede limiti esageratamente bassi in specifiche situazioni (quante volte ci è capitato di percorrere una strada ed imbatterci in un limite di 20 o 30 Km/h solo per la presenza sul ciglio di un’ampia strada di un intervento minimale), dall’altra vi è la tendenza dell’automobilista medio di considerare i limiti di velocità come “suggeriti”, finendo col rispettarli solo in presenza di autovelox ben segnalati.
Quest’ultimo aspetto è poi particolarmente presente a Roma, dove all’italica allergia al rispetto della legge si somma lo spirito del romano medio che, forse ancora memore degli avi che per secoli comandarono sul mondo, ritiene di essere superiore a qualsiasi norma, con particolare riguardo per quelle del codice della strada. Da qui l’apparentemente inattaccabile diffusione dei più svariati malcostumi in città, a partire dall’infinita varietà delle fattispecie di sosta selvaggia, che continuano ad essere genericamente tollerati dalle forze dell’ordine (in fondo sono dei romani anche loro).
In questa che è una vera e propria palude di illegalità che coinvolge in vario modo la gran parte dei cittadini romani, la nuova amministrazione non ha inciso minimamente, a dispetto del fatto che la “Legalità” parrebbe essere la stella cometa del M5S. Ma non solo non si è ancora visto un segnale che faccia pensare ad un’inversione di tendenza nel marasma d’illegalità che caratterizza la mobilità a Roma, bensì vi sono interventi che confermano che non c’è da aspettarsi nulla del genere e che anzi siamo tutti costretti a metterci l’anima in pace e continuare a muoverci, a piedi, in bicicletta, in moto o in auto, ignorando l’esistenza di norme di comportamento ed affidandoci ognuno alla propria sensibilità, prepotenti inclusi.
L’intervento a cui facciamo riferimento è l’apposizione del limite di 30 km/h sulla carreggiata centrale tratto cittadino della Cristoforo Colombo. Eccoli qui:
Tutti sanno, i vigili in primis, che un tale limite su una strada del genere è praticamente impossibile da rispettare ed anzi se qualcuno lo facesse metterebbe a repentaglio la sua incolumità e quella degli automobilisti che eventualmente si trovassero a seguirlo. Andare a 30 km/h su una strada come la Cristoforo Colombo equivale quasi a starvi fermi, con il concreto rischio di essere investiti da chi sopraggiungesse a velocità “normali”.
La scelta di mettere questo limite è dovuta probabilmente alla presenza di consistenti alterazioni del manto stradale a causa delle radici dei pini. E siccome l’amministrazione non ha trovato una soluzione a questo problema, o non ha i fondi per intervenire, si è deciso di apporre decine e decine di cartelli col nuovo limite di velocità ed è tutto risolto.
Ecchissenefrega se con una misura del genere o si mette in pericolo l’incolumità di chi volesse rispettarlo oppure si costringono tutti quelli che non volessero correre un tale rischio a violare la norma. In pratica questa decisione ha fatto di tutti quelli che percorrono la carreggiata centrale della Cristoforo Colombo degli autisti scorretti, passibili di sanzione amministrativa ed in molti casi anche di ritiro della patente.
Va detto che provvedimenti del genere non sono nuovi per la città di Roma, essendo da diversi anni in vigore anche su un’arteria di scorrimento come la via Aurelia all’altezza del km 9.
Ovviamente anche sull’Aurelia nessuno si è mai azzardato a rispettare un limite di velocità tanto basso ma non si può fare a meno di chiedersi: non erano quelli al potere oggi in città coloro che promisero di cambiare tutto?
Una risposta
Concordo pienamente con quanto scritto: una evidente pezza per pararsi il bottom in caso di incidenti e richiesta di risarcimenti.
Ma a Roma tutti corrono impunemente e non solo su tangenziali, statali e strade di scorrimento. Nessuna traccia di sacrosanti autovelox laddove servirebbero (scuole, parchi, ospedali, chiese, mercati, zone residenziali)
E’ un’ulteriore forma di inciviltà e degrado che rende la città invivibile, insicura e violenta.
Le statistiche evidenziano come ormai siano sempre meno i morti e i feriti protetti dentro il lucido guscio – feticcio ma in crescita i pedoni e i ciclisti bersagliati da isterici impuniti anche sulle strisce o con semaforo verde . Non è che ci voglia l’esperto sociologo o ingegnere stradale o medico necroforo per capire il perché.
Lo sviluppo e la crescita di città sane, civili ed accoglienti è passata inevitabilmente in tutto l’ormai lontanissimo mondo civile attraverso il contenimento massiccio e senza ripensamenti dell’auto privata e soprattutto le sue forme di coattesimo anarcoide che invece si esaltano qui a Beceropolis.
E in tantissime di queste serene città che hanno coraggiosamente limitato l’abuso di Suv, smart (Roma ne ha slavato il fallimento) e sguderoni sfreccianti impuniti è rapidamente migliorata la vivibilità per tutti a cominciare da vecchi e bambini.
E, guarda un po’, si gira soprattutto in bici , a piedi e su mezzi pubblici efficienti e frequenti.