All’inizio non ti sembra vero e spalanchi occhi e bocca per lo stupore. Non sai se ringraziare, piangere, ridere o salutare con tutte e due le mani. Ti viene persino voglia di avvicinarti al finestrino per dire: “Thank you!” a quell’automobilista che non solo si è fermato centro metri fa, ma ti ha pure aspettato serafico e senza batter ciglio, tu che a volte ti perdi e diventi una lentissima tartaruga smarrita.
Non esagero, credetemi, a Londra davvero le macchine si fermano in prossimità delle strisce pedonali. E se qualcuno non ti fa passare c’è una specie di rivoluzione dei pedoni che, solidali, dicono: “Sorry”!, ma sorry con il punto esclamativo equivale un po’ al nostro “li mortacci tua” e sortisce anche lo stesso effetto. Insomma, una rivoluzione (educata) per i trasgressori.
E pare anche che gli automobilisti abbiano uno strano dono: sanno leggere il pensiero. A me è capitato. Non avevo ancora deciso se volevo attraversare la strada che due file di macchine si erano già fermate da entrambi i lati. E allora ho attraversato, per fargli piacere e con il cuore in gola, pervasa da una gioia che si diffondeva in ogni mia cellula, un’esultanza idiota e incontrollabile: “Eppur si fermano”!
Londra chiama Roma – spero che vi ci abituerete – è una rubrica piena di stupore per le cose nuove che vedo qui; perdonate dunque il mio entusiasmo, soprattutto se tra voi c’è qualcuno che malauguratamente è stato investito da un automobilista proprio sulle strisce pedonali. Di certo accade, e facciamo gli scongiuri (“tocchiamo legno” anche perché qui se “tocchi ferro” non vuol dire niente). Però resta il fatto che il limite di velocità a 20 miglia all’ora nei centri abitati, l’equivalente di 36 km all’ora, viene rispettato alla lettera. Merito di una rete capillare di telecamere che non lasciano scampo e soprattutto di multe salate che neanche tutti i Santi del paradiso ti fanno la grazia di non pagare.
E, a proposito di Paradiso, vi racconto un’altra stupefacente esperienza che ho fatto pochi giorni fa. Sono andata all’Ufficio postale a ritirare un pacco. Ero molto seccata, mi avevano lasciato l’avviso nella buca delle lettere e ho subito pensato: “Nooooo! Adesso mi tocca andare a ritirare il pacco”! E così, un sabato mattina ho detto: “Ok, sono pronta! Andiamo, affrontiamo questo drago”. E ho salutato tutti, come un soldato che va al fronte, coraggiosa ma affranta. E mentre camminavo, gustandomi l’aria fredda e il cielo azzurro, (perché non è vero che a Londra piove sempre, ma questa è un’altra storia…), ripensavo a quelle volte che all’Ufficio postale di via di Grottarossa avevo assistito a duelli all’ultimo sangue: una vecchietta aveva puntato un ombrello nero contro una donna che le aveva chiesto: “Posso avere un’informazione”? E lei: “Se non te ne vai ti infilzo…”.
Insomma, me ne sono venuti in mente di ricordi penosi mentre camminavo piano, come chi va al patibolo. Quando, controvoglia, ho spinto la porta di un piccolo ufficio ho sentito una musica piacevole provenire da una radiolina impolverata e due uomini di una certa età dietro ad una finestrella, allegri come gli elfi di babbo Natale. Mi hanno accolta con un sorriso talmente grande che ho creduto di aver sbagliato posto. Tra pacchi e pacchetti, in mostra sugli scaffali di legno, c’era anche il mio giunto da Roma. Quando me lo hanno consegnato, un po’ affaticato, i due elfi felici hanno detto: “Oh, Roma……a paradise“! E io ho sospirato, perché è vero, ci mancherebbe altro. Chi lo nega. Ma il pacchetto ha avuto una specie di tremito e allora ho ringraziato e me ne sono tornata a casa. E mentre camminavo e si ripeteva il miracolo delle macchine che si fermavano, ho parlato un po’ al pacchetto venuto da Roma: “Non ti preoccupare, sai non è vero che piove sempre a Londra…” Ma questa è un’altra storia.