Su tutti i media si parla sempre più frequentemente degli effetti negativa della cosiddetta “movida”, ossia di come il comprensibile bisogno di socializzazione dei cittadini si trasformi sempre di più in un problema di ordine pubblico potenzialmente impossibile da gestire.
Ne abbiamo già parlato a metà giugno così concludendo il nostro articolo:
“Di fronte a fenomeni così gravi, che si sono già riprodotti in tantissime zone di Roma, un’amministrazione che si mette a tappetino nei confronti del commercio di somministrazione è il miglior viatico per il loro ulteriore moltiplicarsi ed aggravarsi.“.
Ne torniamo a parlare oggi per dar conto dell’iniziativa del Coordinamento Residenti Città Storica, un sodalizio che raggruppa alcune associazioni del cosiddetto centro storico allargato, che ha scritto a Prefetto, Questore, Presidente Zingaretti e Sindaco Raggi segnalando la continua, palese violazione delle norme emanate per fronteggiare l’emergenza epidemiologica.
Il DPCM dell’11 giugno ha previsto infatti una serie di regole che limitano fortemente le libertà di movimento (e non solo) dei cittadini, quali ad esempio:
art. 1, b): l’accesso ai parchi, alle ville e ai giardini pubblici è condizionato al rigoroso rispetto del divieto di assembramento;
art. 1, c): limitazioni e condizioni per le attività ricreative di bambini e ragazzi;
art. 1, d): distanza di sicurezza di due metri per l’attività sportiva o motoria all’aria aperta e di un metro per ogni altra attività;
art.1, f): attività sportiva presso palestre, piscine e circoli sportivi nel rispetto del distanziamento sociale e senza alcun assembramento;
art.1, i): svolgimento di manifestazioni pubbliche esclusivamente in forma statica e nel rispetto delle distanze sociali prescritte e altre misure di contenimento e prescrizioni imposte dal questore ai sensi del TU di Pubblica Sicurezza;
art. 1, m): gli spettacoli (teatri, concerti, cinema ecc) sono consentiti solo con posti a sedere distanziati ecc
art. 1, n) ed o): sono previste restrizioni per le funzioni religiose e i luoghi di culto;
art.1, p): come sopra per i musei e i luoghi della cultura;
per non parlare delle prescrizioni per le attività educative e didattiche.
Poi però basta vedere qualche immagine delle folli notti che da qualche settimana stanno caratterizzando alcuni luoghi di Roma e ci si chiede che fine abbiano fatto le prescrizioni del DPCM.
Qualche idea dall’eloquente video girato recentemente a Ponte Milvio e pubblicato su VignaClaraBlog.
Naturale quindi chiedere conto alle istituzioni preposte di come si concilino tali situazioni con una normativa tanto stringente.
Ma c’è addirittura un paradosso in queste situazioni. Le norme del DPCM sono infatti la base su cui si poggiano i provvedimenti dell’amministrazione capitolina per agevolare la ripresa delle attività commerciali, quali ad esempio la messa a disposizione, praticamente senza regole, del suolo pubblico per favorire il distanziamento tra le persone. Con i locali che da settimane strabordano sulle strade senza controlli, vengono ulteriormente favoriti gli assembramenti e quindi i fenomeni che caratterizzano la malamovida.
Non solo quindi le norme emergenziali non vengono fatte rispettare, ma paradossalmente esse stanno favorendo un aggravamento delle situazioni problematiche.
Con l’amministrazione capitolina che assiste inerte ed anzi complice, col sindaco che probabilmente neanche si rende conto delle responsabilità che ha in tutto questo la sua amministrazione, vorranno le autorità governative prendere qualche provvedimento?
La lettera integrale del Coordinamento può essere scaricata da qui.