Sul Messaggero di domenica è uscita la notizia di una possibile regolarizzazione dei mercatini dell’usato (che qualcuno, forse più correttamente, chiama “del rubato”) contenuta in un bando del Dipartimento Politiche Sociali relativo alla gestione dei sei campi nomadi romani (Castel Romano, Lombroso, Salone, Candoni, La Barbuta, Gordiani).
Sfogliando il bando, nella sezione “Promozione delle attività lavorative” si legge infatti:
“Progettare attività volte al recupero di cose usate per il riutilizzo, attraverso l’organizzazione di mercatini del riutilizzo, di raccolta dei materiali ferrosi e dei rifiuti ingombranti. Individuazione e creazione di spazi destinati a luogo di lavoro (raccolta e lavorazione dei metalli).”
Vediamo allora come si può interpretare questa previsione, premettendo che utilizzeremo il termine “nomadi” per identificare i soggetti destinatari del bando.
Cominciamo col dire che è apprezzabile il tentativo di trovare attività lavorative innovative che possano essere svolte dalla comunità nomade. Non siamo esperti della materia ma ci risulta che nel lontano passato i nomadi avevano spiccate professionalità nella lavorazione dei metalli e nella cura e addestramento dei cavalli; purtroppo entrambe queste attività hanno subito nei decenni dei drastici ridimensionamenti, spingendo la comunità nomade verso altri tipi di “impiego”, tra cui senz’altro l’accattonaggio e negli ultimi anni la ricerca di materiali di recupero tra i rifiuti.
Evidentemente il Dipartimento ha pensato di sfruttare la dimestichezza che da anni i nomadi dimostrano nel trattare i rifiuti per individuare della possibili attività lavorative, senza però tener presente la necessità di inserire tali attività in un possibile ciclo dei rifiuti. Non si può non considerare infatti che la gran parte dei rifiuti gestiti dai nomadi provengono dal rovistaggio che costoro praticano ormai sistematicamente nei cassonetti. Una tale attività non solo è contraria alle più elementari regole di igiene ma comporta che spesso i residui della ricerca vengano lasciati in strada con ulteriori problemi di pulizia ed igiene.
Per questi motivi da tempo è emersa la necessità di vietare esplicitamente le attività di rovistaggio nei cassonetti, misura già introdotta ad esempio a Napoli nel 2014, ma né la Giunta Marino né l’attuale Commissario Tronca hanno ritenuto di farlo a Roma.
Riguardo alla previsione di mercatini per il riutilizzo, non possiamo non stupirci nel sentirne parlare in un documento del Dipartimento Politiche Sociali invece che dal Dipartimento Ambiente. Noi della necessità di indirizzare adeguatamente il livello del “riuso” nella gerarchia dei rifiuti ne abbiamo già parlato quasi un anno fa. La nostra idea rimane che il soggetto più indicato per gestire il riuso sia l’AMA, anche se si potrebbe considerare una gestione da parte di privati; ci risulta un po’ difficile pensare che possano essere i nomadi ad occuparsi della cosa perché ci sarebbero anche aspetti tecnologici da gestire che si direbbe rientrino poco nelle loro tipiche corde (ben felici noi di essere smentiti sul punto). La gestione del riuso andrebbe infatti fatta sia maneggiando fisicamente gli oggetti che mettendo a disposizione una piattaforma internet dove siano gli stessi utenti a scambiarsi direttamente le cose, con un modello già in uso da tempo a Parigi.
Discorso diverso sembra invece essere il recupero di materiali ferrosi, attività che apparirebbe più consona alle caratteristiche dei campi nomadi, ma che richiederebbe la fissazione di ferrei (termine quanto più appropriato) paletti, a partire dal farla finita una volta per tutte con i roghi tossici utilizzati per liberare i cavi elettrici dalla plastica. Si potrebbe quindi prevedere un ruolo attivo dei campi nomadi nella raccolta, recupero e gestione dei materiali ferrosi.
Quello che senz’altro non può essere accettabile è pensare di legalizzare i troppi mercatini dell’usato/rubato che ormai infestano tante zone di Roma, incluse alcune in centro storico, perché non si riesce a reprimerli efficacemente.
Su questo argomento sono insorti in diversi, tra cui il candidato sindaco Marchini, chiedendo al commissario Tronca di fare marcia indietro su questa presunta legalizzazione dei mercatini abusivi. E le lamentele pare abbiano convinto il commissario ad intervenire, non toccando il provvedimento ma integrandolo con un’interpretazione che chiarisca cosa potrà essere venduto in questi mercatini. La previsione è che la merce dovrà avere una provenienza certa e dimostrabile. Come poi i poveri vigili dovranno verificare la provenienza degli oggetti lo sa solo il cielo.
A noi questo sembra l’ennesimo esempio di come a Roma regni l’improvvisazione in tutti i campi:
– al Dipartimento Politiche sociali si occupano di rifiuti senza coordinarsi con i colleghi dell’Ambiente (che peraltro sui rifiuti hanno dato sempre pessime prove di sé),
– il Commissario interviene con l’ennesimo provvedimento lunare ed inapplicabile,
– la politica o tace, come il PD che sui rifiuti non sa ancora che pesci prendere, o si esprime come Marchini, montando una campagna su un provvedimento in parte discutibile senza però fornire soluzioni alternative credibili.
Speranze che il nuovo governo cittadino che uscirà dalle prossime elezioni possa affrontare seriamente questi problemi? Prossime allo zero.