Monopattini: lo sharing “alla romana” non sembra funzionare

Le tre società vincitrici del bando lamentano l'eccessiva onerosità delle corse gratuite per gli abbonati Metrebus. Ma perché a Roma non si fa come a Parigi o Milano?

Col nuovo regolamento dei mezzi di micromobilità in sharing, entrato in vigore a settembre 2023, a Roma sono rimasti solo tre gli operatori che forniscono servizi di micromobilità in sharing: Lime, Dott e Bird; i primi due forniscono servizi in sharing sia di monopattini che di e-bike, mentre Bird offre solo i monopattini.

Tra le maggiori novità del nuovo regolamento vi è la possibilità per gli abbonati al Metrebus di usufruire gratuitamente di 80 corse mensili, oppure 15 corse settimanali, da 30 minuti con il limite di quattro al giorno.

Anche se questa misura non è stata molto pubblicizzata, man mano ha preso piede, tanto che ora gli operatori lamentano il fatto che nelle zone più centrali di Roma la gran parte delle corse effettuate sono fatte da abbonati Metrebus e quindi senza guadagno per loro.

Evidentemente al momento di rispondere al bando gli operatori non si erano fatti bene i conti di quanto gli sarebbe costato fornire le corse gratuite, ma ora che il problema si è evidenziato gli stessi operatori hanno chiesto al Comune di poter cambiare le regole. Dal Comune di Roma è però arrivata la chiusura a qualsiasi ipotesi di modifica del contratto di concessione, fatto eccezione per il numero massimo delle corse giornaliere gratuite effettuabili, che recentemente da quattro è passato a tre.

 

Noi dubitiamo fortemente che una tale minuscola modifica possa cambiare la situazione per gli operatori autorizzati, per cui ci aspettiamo che tra non molto costoro torneranno alla carica affinché siano modificate le regole in modo da rendere un po’ più remunerativo il servizio da loro svolto.

 

La domanda che però non possiamo non porci ancora una volta è: per quale diavolo di motivo a Roma dobbiamo sempre inventarci formule nuove finendo per mancare sistematicamente l’obiettivo?

In moltissime altre grandi città europee, ad esempio Parigi ma anche l’italianissima Milano, i servizi di micromobilità sono affidati a società pubblicitarie insieme alla gestione di un certo numero di impianti pubblicitari nel territorio del comune, con i proventi di questa gestione che consentono di offrire i servizi in sharing a tariffe agevolate. Con un tale meccanismo, ad esempio, a Milano è possibile utilizzare gratuitamente le bici tradizionali dello sharing per i primi 30 minuti.

A Roma un sistema simile è previsto nella riforma degli impianti pubblicitari approvata dall’Assemblea Capitolina nel 2014, ma la sindaca Raggi durante i cinque anni del suo mandato non ha voluto attuare quella riforma e l’attuale sindaco Gualtieri sta seguendo lo stesso approccio; l’assessore al commercio, Monica Lucarelli, in quasi tre anni di mandato non è riuscita infatti a fare il minimo passo avanti nell’attuazione della riforma, lasciando lo status quo della “cartellopoli” romana e privando la città di servizi utili, bici o monopattini in sharing ma anche toilette pubbliche, arredo urbano, ecc., sovvenzionati con i proventi degli impianti pubblicitari.

 

L’unico vantaggio di essere una città molto indietro rispetto a praticamente tutte le altre capitali europee è che basterebbe copiare le pratiche migliori adottate dagli altri per recuperare velocemente terreno. Invece a Roma ci intestardiamo sempre a cercare soluzioni originali che però finiscono solo per far perdere altro tempo rimandando sempre la soluzione definitiva dei problemi.

 

Se si procedesse con l’attuazione della riforma degli impianti pubblicitari, cosa che richiederebbe probabilmente qualche mese di lavoro per poter indire i bandi per l’assegnazione delle concessioni, si potrebbe avere in poco tempo un servizio sovvenzionato di bici/monopattini in sharing. Un tale servizio potrebbe costituire il nucleo principale di una nuova micromobilità, a disposizione di tutti a tariffe super agevolate e quindi con reali possibilità di diffondersi ad un numero sempre maggiore di utenti.

Una tale offerta non sostituirebbe i servizi offerti dai privati, ma anzi probabilmente li aiuterebbe allargando il mercato potenziale, dove vi saranno sempre utenti alla ricerca di servizi “premium”.

 

Ci chiediamo quindi: perché mai il sindaco Gualtieri non fa nulla per attuare la riforma degli impianti pubblicitari?

Ma già sappiamo che anche questa domanda resterà senza risposta.

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