Nelle ultime settimane si discute nuovamente sul senso delle famose botticelle a Roma, ovvero le carrozzelle di legno trainate dai cavalli che storicamente portano a spasso per la città i turisti. La botticella romana equivale alla gondola di Venezia, è un simbolo della romanità e soprattutto una cartolina delle passeggiate degli innamorati nel centro storico.
Negli ultimi anni, spesso, sono balzate alle cronache locali e nazionali per la morte dei cavalli che cadevano a terra stremati dagli sforzi fisici e dalle alte temperature che si registravano in città. È nata così un’importante mobilitazione animalista che chiede alle istituzioni di limitare drasticamente l’uso delle botticelle, o addirittura confinarle nei parchi pubblici dove gli animali possono godere di temperature più miti, lontani dallo stress e dall’inquinamento della città. Proprio in questi giorni il Comune ha emanato un’ordinanza in cui si vieta la circolazione di vetture pubbliche e private trainate da animali con una temperatura pari o superiore a 30 gradi.
Nella nostra rubrica dedicata al cinema non possiamo certo entrare nel merito della questione, sottolineiamo solo che un’ordinanza del genere non sfiora minimamente il problema delle botticelle, ma si limita a rinviare una soluzione concreta.
Quello che vogliamo invece proporvi è la visione di un film dolce e romantico che ha, per l’appunto, come protagonista un vetturino e il suo cavallo: Nestore, l’ultima corsa.
Il film, del 1994, fu la penultima pellicola di Alberto Sordi come regista, prima di Incontri proibiti del 1998.
Mette in scena la vicenda drammatica di un anziano vetturino, Gaetano (Alberto Sordi), che deve rinunciare al suo cavallo ormai vecchio, Nestore.
Lo scopo di Alberto Sordi nel tratteggiare questa storia è quella di mostrare il legame profondo, quasi di filiazione, che vi è tra il vetturino e il suo cavallo, ma nello stesso tempo denunciare la scarsa attenzione nei confronti degli anziani troppo spesso dimenticati in nome della velocità e del progresso.
Il regista fu molto sensibile alla questione, tanto che all’età di 70 anni decise di creare una Fondazione con l’obiettivo di curare e assistere gli anziani, tutelare la dignità della persona e del suo diritto alla qualità della vita. Donò alla fondazione un terreno immerso nel verde dove far sorgere la struttura. Solo nel 2002 prese vita un centro polivalente e un centro diurno per gli anziani fragili. In ultimo nacque un polo di ricerca geriatrico e sulla fisiopatologia dell’invecchiamento.
Ed è proprio sul concetto di “accompagnamento” alla terza età e “rispetto” della dignità che Sordi costruì i personaggi del suo film.
Tutto inizia quando il vecchio cavallo Nestore non riesce a trainare la carrozzella sulla piccola salita del Pincio. Il vetturino è costretto a fermarsi, si crea un ingorgo di macchine e lentamente Gaetano cerca di accostarsi il più possibile per limitare il disagio. L’imprevisto arriva alle orecchie del padrone delle botticelle, Otello, detto il marchigiano, che invita Gaetano a pranzo a piazza Navona per affrontare il problema di Nestore, ormai troppo vecchio per lavorare.
La decisione è presa, Nestore deve essere portato al mattatoio, il marchigiano deve curare i suoi interessi, ricavare soldi almeno dalla pelle dell’animale. Se ne deve curare Gaetano, che invano aveva cercato di dissuadere Otello da questa scelta. Il vetturino non è proprietario del cavallo, quindi, non può fare altro che obbedire. Riconsegna la carrozzella e disperato si avvia al mattatoio.
Inizia così il viaggio di due vegliardi, compagni da una vita, in una città vecchia come loro che li ha visti passeggiare insieme per giornate infinite. Ma arrivati al mattatoio i versi disperati degli altri animali convincono Gaetano e rompere il rapporto di dipendenza con il suo capo, non può tradire la fiducia di Nestore, e neppure quella del suo nipotino, Ferruccio, a cui aveva promesso del tempo da trascorrere con il cavallo. Decide allora di scappare, di tenersi Nestore a tutti i costi, serve solo trovare una sistemazione. Chiederà a Ferruccio di aiutarlo in questa impresa, ma dietro l’angolo si nasconde un altro imprevisto: sua figlia ha deciso che non può ospitare il padre, già in procinto di entrare in una casa di riposo. Gaetano e Nestore, dunque, sono due figure di peso, che nessuno si vuole accollare. Continuano a vagare per Roma, senza punti di riferimento, ma alla fine quando sembra che la situazione stia per volgere al meglio tutto si ritorce contro il disgraziato vetturino.
Lo spettatore si ritroverà a tifare per i due vecchietti, sperando che alla fine riescano a trovare una sistemazione adeguata, ammirerà la tenacia di Gaetano nel difendere il suo amico Nestore, e percepirà un grande amore verso la vita che proprio in età avanzata, quando tutto sembra finito, si mostra nella sua bellezza.
«Nestore ha lavorato sempre con me, sempre insieme. Nestore è bbono, ha sempre fatto il dovere suo. E mo’ l’ammazzi?! Ma io senza Nestore che faccio?».
«E te ne vai all’ospizio, Gaetà».
L’uscita del film non fu accolta benissimo dalla critica che denunciava una sceneggiatura intrisa di moralità e luoghi comuni, una scarsa tecnica cinematografica, “approssimativa” e “sciatta” e delle inquadrature nel mattatoio definite “insostenibili” per la loro cruda realtà. Solo una cosa mise tutti d’accordo, la maestosità di Sordi nell’interpretazione, impeccabile e potente, con espressioni poetiche e drammatiche, a tratti comiche (peculiarità imprescindibile nella sua arte), che anche all’età di 74 anni lo ponevano tra i giganti assoluti del cinema italiano. Ma, come si sa, dando retta ai critici non dovremmo vedere nessun film, quindi, buona visione!
Note: questo film fu per Alberto Sordi molto importante, sia come regista che come attore, profuse un grande impegno nella sua realizzazione, manifesto forse di una carriera che, nonostante le performance eccezionali, riteneva arrivata alla conclusione. All’ingresso della sua villa fece installare una scultura che ritrae tutt’oggi l’amato Nestore.
Una risposta
Nel film non. Si vede nessun macello