Paradossi della normativa sul commercio: un parrucchiere non è un artigiano

Publichiamo la storia di Fabio, proprietario di un locale dove vi era una panineria e che vorrebbe affitare ad una parrucchiera ma la normativa, per fraintese esigenze di tutela, non lo consente

Dal sig. Fabio riceviamo una storia che racconta di un paradosso della normativa comunale sul commercio, dove un’attività di parrucchiere non viene considerata artigiana nonostante la titolare sia iscritta da venti anni all’associazione artigiani.

 

 

Buongiorno,


a Roma esiste una normativa (il Regolamento 49 del 2019) che ha l’obiettivo di preservare i commerci di prossimità, mantenere il decoro della città e evitare la proliferazione di commerci “non di qualità”.

La norma definisce una serie di attività cosiddette “tutelate”. Se un’attività tutelata viene a cessare in un certo locale in quel luogo è possibile solamente aprire un’attività del medesimo tipo. Se c’era una panineria tutelata ci può andare solo una panineria tutelata.

La norma ha obiettivi nobili e condivisibili ma è scritta male (perché se in un dato luogo c’è una libreria non ci posso mettere un antiquario? Neanche in Russia…), ed interpretata peggio.


Io ho un locale a Roma di 50 metri quadri in una strada con pochissimo traffico pedonale. E’ stata affittata per anni come paninoteca, ma non ha mai funzionato. Il locale mi è stato restituito con due anni di affitti non pagati. Fra agosto e maggio 2021 (data restituzione del locale) il locale è rimasto chiuso e l’inquilino ha cercato disperatamente di trovare qualcuno disposto a riprendere l’attività come laboratorio alimentare in modo da vendere i suoi mobili e attrezzature.  Mi è costato 8 mesi di affitti, ma almeno abbiamo la prova che nessuno vuole aprire una panineria in una strada senza traffico.

Poi ho trovato Luisa. Luisa è una parrucchiera bravissima e ha trasformato il locale in un posto splendido.


Luisa è iscritta all’albo degli artigiani e lavora da 20 anni come parrucchiera in una bottega a cento metri di distanza. Vuole trasferirsi nel mio locale per lavorare con la sorella.

Finiti i lavori, Luisa sottopone la SCIA all’Amministrazione capitolina. La SCIA viene rifiutata. Se Luisa apre la chiuderanno a forza e le faranno 6000 euro di multa. Ma Luisa ha perso disponibilità del locale dove stava prima e deve lavorare per vivere.

Qual è la colpa di Luisa secondo l’Amministrazione? Non essere un’artigiana. L’Amministrazione ha deciso che gli acconciatori non sono artigiani. Ma Luisa è iscritta all’associazione artigiani da 20 anni e ha una impresa artigiana. Il locale dove Luisa lavorava prima come parrucchiera si trova 100 metri dal nuovo locale. E la Amministrazione lo sa  (o potrebbe saperlo).


La Amministrazione sa anche che tutti i parrucchieri sono artigiani per definizione e che la panineria precedente oltre a essere fallita come molti laboratori alimentari della zona non era un laboratorio alimentare di tipo “tutelato”. 

La norma dice che, per essere tutelato, un laboratorio alimentare non deve assomigliare ad un ristorante e deve obbedire ad una serie di norme. Per esempio lo spazio dedicato al consumo sul posto deve essere meno di un quarto. Altrimenti anche Mc Donalds diventa un laboratorio alimentare tutelato.  Nel nostro caso – dimostrabilmente – queste norme non erano state rispettate fin dall’inizio anche se magari l’Amministrazione, ora cosi’ solerte con Laura e Letizia, non se n’era accorta. Ma ci sono le foto sul web, e non è difficile fare il conto dei famosi metri quadri dedicati al consumo sul posto, e capire se trattavasi di tavolino o sgabelli 😀.


Ma nulla di tutto questo interessa all’Amministrazione. Non interessa evitare l’apertura di commerci non decorosi, l’obiettivo vero della norma. 

Interessa colpire Luisa.

 

 

Davvero paradossale che la normativa tuteli un’attività legata al cibo, quelle che hanno ormai preso il sopravvento a Roma e che necessiterebbero piuttosto di maggiori paletti, e invece finisca per penalizzare una vera attività artigiana, di quelle che andrebbero incentivate.

Il commercio a Roma richiederebbe una totale rivisitazione delle normative per individuare cosa tutelare, cosa incentivare e cosa penalizzare. L’assessore Lucarelli lancia periodicamente messaggi a mezzo stampa di rivoluzioni alle porte; purtroppo finora non solo non si è visto nulla, ma non si ha evidenza che si sia al lavoro per scrivere nuove normative.

Nel frattempo ci vorrebbe qualcuno di buona volontà disposto a presentare in Assemblea Capitolina una modifica puntuale che superi il paradosso descritto dal sig. Fabio.

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