Sarà che la sensibilità del politico medio è un po’ migliorata, sarà che hanno capito in molti che impiastrare la città con i propri manifesti è controproducente, sarà pure per la campagna #nonvotarechisporca che abbiamo contribuito a lanciare, è un fatto che l’incartamento della città con manifesti affissi un po’ ovunque non si sta verificando.
È pur vero che la campagna elettorale non appare ancora partita, benché manchi meno di un mese alle elezioni, ma la speranza è che si riesca a limitare i danni da manifesti al livello attuale. Livello attuale che vede la stragrande maggioranza di manifesti abusivi provenire dagli schieramenti (si fa per dire) di estrema destra, a conferma che a Roma dobbiamo necessariamente avere la versione “alle vongole” delle cose che invece nel resto del mondo sono serie; una destra degna di tale nome infatti, in qualsiasi parte del mondo fa del rispetto delle regole il fondamento della propria azione.
Tra questi imbrattatori si distingue chi lo fa mettendo il proprio faccione e proponendolo come quello del prossimo sindaco di Roma. Tempo fa avevamo parlato di Adinolfi e della campagna abusiva “a sua insaputa”. Oggi vogliamo segnalare invece il caso di tale Di Stefano, di Casapound Italia, che pare farsi vanto degli aggettivi arrogante, xenofobo e populista che gli vengono attribuiti.
Forse sfuggirà al Sig. Di Stefano che se vuole dare un senso all’hashtag #difendereRoma dovrebbe anzitutto astenersi dall’impiastrare i muri altrui con il suo faccione (curiosamente lo stabile che occupano da anni non è interessato da affissioni abusive).
Per chiarezza, non che per i bandoni elettorali le norme vengano rispettate alla lettera, con i candidati della destra anche qui a distinguersi per le violazioni. Ma per gli standard a cui eravamo abituati a Roma, già il limitare il degrado ai soli bandoni sarebbe un risultato enorme. Poi alle prossime elezioni vediamo di eliminarli i bandoni però.