La due giorni di serrata dei tassisti (serrata, per noi, e non sciopero, visto che si tratta di liberi professionisti e non di dipendenti) proseguirà anche oggi.
Ieri c’è stato un corteo a cui avrebbero partecipato circa mille persone e la cosa più eclatante sarebbe stata un piccolo “attacco” a palazzo Chigi perpetrato da qualche decina di dimostranti, subito contenuti dalle forze di polizia.
Nulla di paragonabile ai blocchi cittadini che dovette subire Veltroni per più giorni, quando decise di aumentare il numero delle licenze taxi a Roma, ma pur sempre un’iniziativa che rende indisponibile una componente del trasporto pubblico locale, mai così importante visto lo stato comatoso del resto del TPL (metro, tram e bus).
Il motivo della protesta è l’articolo del decreto legge “Concorrenza” che delega il Governo a riformare il settore del TPL non di linea, ovvero i taxi. Secondo le rappresentanze dei tassisti, la riforma porterebbe ad una deregolamentazione del settore, concedendo spazio alla speculazione finanziaria e alle piattaforme web (Uber su tutte) che porterebbero ad una sostanziale liberalizzazione a danno della cateoria.
La protesta ha quindi una valenza nazionale, ma per Roma è l’ennesima difesa di una corporazione che finora è riuscita a conservare il proprio orticello a danno della città.
A Roma il numero di licenze taxi è sottodimensionato per le esigenze della città: circa 7.800 licenze, contro le circa 20.000 di Parigi (per una popolazione comparabile se non inferiore) o le 68.000 di Londra (per circa il triplo della popolazione).
Gli effetti di ciò si possono apprezzare molto spesso alla stazione Termini, dove i passeggeri in arrivo sono costretti spesso a fare file interminabili per ottenere un passaggio.
Ogni tentativo di aumentare le licenze si è scontrato con la ferma volontà dei tassisti di proteggere il valore di quelle da loro detenute e questo anche quando qualcuno (l’Istituto Bruno Leoni) propose di raddoppiare il numero delle licenze “regalandone” una a chi già l’avesse; in quel modo il valore della licenza si sarebbe circa dimezzato, ma, avendone ricevuta un’altra, il valore totale per il singolo tassista sarebbe rimasto grosso modo invariato e la città avrebbe avuto il doppio dei taxi a disposizione.
Perché opporsi ad una tale proposta? Probabilmente perché al singolo tassista non importa molto del servizio complessivamente offerto alla città, bensì è interessato a fare il minor sforzo col massimo rendimento, il che vuol dire fare poche corse ma molto redditizie.
Dall’altra parte ci dovrebbero però essere delle istituzioni a tutela dell’interesse pubblico che quindi dovrebbero spingere affinché il singolo tassista faccia più corse possibili al prezzo più basso, potendo così servire quanti più utenti possibile, massimizzando l’utilizzo del mezzo. Peccato che anche in questo caso, come in un’infinità di altri, non si trovi mai qualcuno disposto a spendersi per tutelare l’interesse pubblico ed anzi spesso le forze politiche fanno a gara per assicurarsi il supporto elettorale della corporazione di turno, quella dei tassisti in questo caso.
D’altronde le forti resistenze dei tassisti ad ogni cambiamento sono un esempio dell’asimmetria tra interessi diffusi di una stragrande maggioranza di individui difficilmente organizzabili e l’interesse particolare di un limitato gruppo di persone perfettamente organizzato e mediaticamente chiassoso.
Che i tassisti ne siano consapevoli o meno, la loro categoria è abbastanza invisa al romano medio e i motivi sono da una parte l’estrema facilità con cui si può finire raggirati (per aver fatto un tragitto più lungo o aver applicato una tariffa non corretta, ecc.) sia essendo turisti che locali, dall’altra le pessime storie che continuamente vedono protagonisti tassisti romani: ricordiamo la brutale aggressione in piazza Barberini da parte di un tassista a un altro automobilista, un’altra aggressione all’aeroporto di Fiumicino, sempre di un tassista romano, le innumerevoli vicende di tassisti che si scelgono i passeggeri, soprattutto agli aeroporti, selezionando quelli più sprovveduti e quindi più facilmente raggirabili.
Lungi da noi l’idea che tutti i tassisti a Roma siano dei truffaldini, ma è fuor di dubbio che di elementi pronti ad approfittarsene del prossimo ce ne sono moltissimi ed è facile, anche se ingusto, che ci vada di mezzo l’intera categoria.
Sappiamo ad esempio, per esperienza personale, che vi sono cooperative taxi a Roma i cui autisti svolgono un servizio professionale e affidabile, sempre pronti, ad esempio, ad accettare carte di credito come pagamento (cosa generalmente molto rara perché pare che i tassisti non amino che le loro entrate vengano tracciate per motivi fiscali).
Dei taxi a Roma ce ne occupiamo dall’inizio delle nostre pubblicazioni, cercando di fornire sempre un punto di vista obiettivo e costruttivo. Sappiamo che i tassisti hanno anche delle legittime richieste inascoltate da anni, come ad esempio la necessità che gli NCC rispettino le normative, ma questo non può comportare una chiusura totale ad ogni ipotesi di riforma del TPL non di linea.
Speriamo che il governo Draghi tenga il punto sulla riforma dei taxi e soprattutto che la delega venga utilizzata per una riforma del settore che lo faccia uscire dalla palude in cui è oggi.
Una risposta
Anni fa, chiesi a un tassista perché a Roma i taxi erano così cari (avevo vissuto a Madrid e lì i taxi sono molto più accessibili) e lui mi rispose che i taxi sono un servizio esclusivo, per pochi, non sono autobus. Quando però c’è da difendere l’orticello parlano di “servizio pubblico”…