Alcuni giorni fa, lungo la via Aurelia, è presente come di consueto l’immancabile ammucchiata di auto parcheggiate un po’ in sosta vietata un po’ sul marciapiede.
Diversamente dal solito però, questa volta ci sono tre vigili. Mentre passo, una signora parcheggia con nonchalance la propria vettura in pieno divieto a fianco della pattuglia.
Faccio presente la cosa e la prima risposta che arriva è: “ah, perché è divieto?”.
Visto che l’infrazione è evidente e la storia della svista non regge, si passa al consueto rosario di frasi tipiche: “ah, ma quelle sono parcheggiate peggio”, “i problemi so’ artri” ecc.
Il bello di tutto ciò è che questa conversazione non si svolge tra me e la signora, ma tra me e uno dei vigili, cioè colui che ha l’obbligo di impedire simili comportamenti.
Dato che le argomentazioni non avevano una grossa presa, il discorso si chiude in bellezza con un “comunque questa, non è zona mia”. Un evergreen!
Naturalmente in tutto questo il “tu” alternato al “senti, amico” è d’obbligo. Non che ci sia niente di male per carità, ma se parlare con chi porta una divisa dà la stessa sensazione di parlare con un parente o un conoscente è chiaro che viene minata alla base l’autorità che il pubblico ufficiale deve avere.
Mi rendo conto che lavorare per strada sia complicato, che la giornata sia lunga e stancante per tutti, ma una via di mezzo tra l’inflessibile bobby londinese ed il “a me nun me compete” mi sembra una richiesta accettabile.
Soprattutto è necessario valutare se una città che muore soffocata di traffico, in cui i mezzi pubblici e d’emergenza sono perennemente bloccati dalle auto in sosta, persino sulle preferenziali, con una velocità media che è la più bassa d’Europa, una città in declino su tutto, questi atteggiamenti possa ancora permetterseli.
3 risposte
che i vigili siano uno dei problemi di Roma è risaputo. Però la vera causa sta nel manico
girate l’articolo a Clemente
Molto bene catechizzarli i vigili, anche se sembra una fatica di Sisifo. E quando la conversazione non ci soddisfa, come in questo caso, chiedere gentilemnte la matricola (è bene farlo porgendo il proprio documento, in segno di reciprocità) e mandare il proprio commento al comandante Clemente (raffaele.clemente@comune.roma.it).
Possiamo tutti capire la difficoltà di fare il vigile nel marasma romano, ma se è vero che ignorare una parte delle illegalità è questione di sopravvivenza, quando qualcuno fa notare la cosa si risponde: ” Ha ragione, mi dispiace ma deve essermi sfuggito. Grazie della segnalazione e provvedo subito a sanzionare (oppure “chiamo qualcuno che se ne faccia carico, visto che sono impegnato in altro”).
Chiaramente ai vigili romani serve un protocollo di comportamento. Che quancuno se ne faccia carico.