L’incendio all’impianto di trattamento meccanico e biologico (TMB) di Malagrotta è il quarto che si verifica a Roma negli ultimi anni: nel dicembre 2018 accadde al TMB Salario, nel marzo 2019 a quello di Rocca Cencia e nel febbraio 2020 a quello di Castel di Leva.
Una tale serie di disastri fa pensare ad azioni dolose volte a complicare la gestione dei rifiuti a Roma, oppure ad una particolare vulnerabilità alle fiamme di tali impianti. Probabilmente sarà una combinazione delle due cose e ciò avrebbe dovuto portare alla necessità di un presidio costante di certi luoghi, sia per la loro tendenza a prendere facilmente fuoco, sia per le gravi criticità che il loro danneggiamento poi creano alla gestione dei rifiuti a Roma.
Ma si sa che la prevenzione a Roma non ha alcuna cittadinanza, per cui ancora una volta la città è costretta a confrontarsi con l’ennesimo livello critico di un’emergenza rifiuti (come se non vi fossimo già dentro da anni).
Vediamo quali sono state le prime reazioni dell’amministrazione capitolina all’incendio del TMB di Malagrotta.
Scrive tra le altre cose il sindaco Gualtieri sulla sua pagina facebook:
“Siamo già al lavoro per ricollocare quanto prima le quantità trattate dall’impianto danneggiato e indirizzarle su altri impianti di trattamento e sui successivi sbocchi.”
Dello stesso tenore la reazione dell’assessore Alfonsi:
“L’impianto tmb2 di Malagrotta smaltisce oltre 900 tonnellate al giorno di rifiuti indifferenziati, un quinto di quelli prodotti quotidianamente nella nostra città.
Siamo al lavoro per trovare soluzioni alternative, efficaci e immediate e garantire lo smaltimento dei rifiuti.“
Chiaramente è più che ragionevole muoversi immediatamente per trovare sbocchi alternativi alle 900 tonnellate di rifiuti indifferenziati che non potranno più essere lavorati a Malagrotta, ma possibile che anche questa volta, anche in un’emergenza del genere a nessuno dell’amministrazione venga in mente che in parallelo si possa e si debba fare qualcosa di diverso, qualcosa di più?
Come sempre infatti il problema di fondo dei rifiuti a Roma è la frazione indifferenziata, quella che non si può riciclare, che va prima lavorata negli impianti TMB e quindi inviata a caro prezzo agli inceneritori in giro per l’Italia e per l’Europa.
Se è vero, come è vero, che siamo in grande emergenza, perché il Comune non prende provvedimenti emergenziali per portare ad una riduzione significativa dei rifiuti indifferenziati? Ridurre l’indifferenziato, ad esempio, del 20%, significherebbe dover trovare sistemazione non più a 900mila tonnellate, bensì 700mila, e contemporaneamente porterebbe ad intercettare materie, come carta/cartone e plastica, che hanno un valore sul mercato.
Chiaramente per ottenere una tale riduzione, o anche maggiore, vanno prese misure di grande impatto, ma che sono alla portata dei poteri straordinari del sindaco (che non devono valere solo per portare avanti il progetto di termovalorizzatore).
La prima misura potrebbe essere quella che da anni propone il Laboratorio Idee Lavoratori AMA (LILA), ossia la riduzione/accorpamento dei cassonetti sulle strade con presidio fisso di addetti AMA che controllano i conferimenti e danno informazioni agli utenti. Per i cittadini ciò comporterebbe un piccolo aggravio nel senso di dover fare qualche passo in più per buttare i rifiuti e magari il doverlo farlo ad orari ridotti (ad esempio solo durante il giorno), ma nulla che non sia comprensibile e accettabile, vista l’emergenza in corso.
Non possiamo prevedere quanto una tale misura inciderebbe sulla buona differenziazione dei rifiuti a Roma, ma stando a quello che si vede nel cassonetto romano medio, diremmo che un miglioramento del 20% è addirittura cautelativo.
Un altro intervento lo si potrebbe attuare nei confronti delle Utenze Non Domestiche (UND), in molti casi tra i maggiori produttori di rifiuti, bloccando il conferimento indiscriminato nei cassonetti dell’indifferenziato, come avviene ora, e sottoponendoli a controlli stringenti.
Il sindaco potrebbe anche emanare ordinanze per ridurre gli imballaggi o trovare il modo di avviarli a sicuro riciclo e non, come avviene troppo spesso, a finire nel solito indifferenziato.
Ci sono poi tante
altre misure che attendono da anni di essere adottate, e che
noi periodicamente elenchiamo, che potrebbero dare un aiuto consistente a
ridurre la produzione di rifiuti e ad aumentarne la percentuale di differenziazione. Molti sono interventi a
costo zero, alcuni addirittura con vantaggi economici per gli utenti (laddove verrebbero pagati per conferire rifiuti ben differenziati), che solo un’
antropologica insipienza della classe politica romana condanna a rimanere in qualche cassetto.
Purtroppo AMA vive sul paradosso che più sono i rifiuti e più è il giro d’affari che può gestire, per cui l’azienda non solo non ha interesse a ridurne la produzione, bensì ha l’interesse contrario ad accrescerla quanto più possibile. Oggi l’azienda incassa circa 800 milioni di euro l’anno dal Comune di Roma (OTTOCENTO MILIONI DI EURO L’ANNO!?!) e continuando così facilmente potrà arrivare ad un miliardo e oltre.
Chiaramente dovrebbe essere il governo cittadino ad invertire questa spirale perversa e insostenibile, anzitutto introducendo pratiche e normative che riducano la produzione di rifiuti e portino alla loro massima differenziazione; va poi dato un mandato diverso ad AMA, nel senso che la stessa azienda deve farsi parte attiva per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale ed economica della città tutta.
Purtroppo dover prendere atto che i principali attori nella gestione dei rifiuti a Roma, ossia l’assessore e il sindaco, continuano a concentrarsi su sbocchi alternativi alla marea di rifiuti indifferenziati prodotti a Roma, anziché cominciare a pensare anche a come ridurla tale marea, non fa ben sperare per il prossimo futuro.
Probabilmente ci aspettano settimane e mesi di ulteriore passione sui rifiuti a Roma (come se non fossimo già in emergenza) e se l’amministrazione capitolina non comincerà a prendere qualche provvedimento serio, emergenziale, per attaccare i rifiuti anche dal lato della loro produzione, non potrà che essere considerata corresponsabile dell’ennesimo disastro cittadino.
Passato quasi un anno dall’insediamento della giunta, finora l’unica cosa che si è vista è l’
annuncio di un impianto che al meglio sarà disponibile tra molti anni. L’
amministrazione Raggi ha responsabilità colossali sul disastro rifiuti a Roma, ma la
gestione Alfonsi/Gualtieri si è incanalata in un solco simile, annaspando quotidianamente con poche idee e spesso anche confuse (come quando Gualtieri ha parlato alla Von der Leyen della
produzione di metano dalle emissioni del termovalorizzatore!?!).
4 risposte
Non potrei essere più d’accordo…
Aggiugno solo che le strade sono piene di bottiglie in plastica e vetro e lattine e che il vuoto a rendere era già pervisto in un decreto che qualcuno ricorderà come Decreto Ronchi.
Per quale motivo non lo si è mai implementato?
I roghi dei rifiuti e ancor più degli impianti di trattamento tutto sono tranne che fortuiti. La regia è chiarissima. E’ dal caos che le mafie ingrassano.
Presidio fisso?
Pochi passi in piu’?
I romani, e gli Italiani in genere, solo se colpiti nel portafoglio rispondono.
Quindi multe salatissime per le utenze non domestiche che sgarrano, multe salatissime per i cittadini pizzicati a gettare l’immondizia fuori dai rispettivi secchioni, raddoppio degli addetti e dei mezzi adibiti alla raccolta, individuazione e realizzazione di siti di stoccaggio, incenerimento e trattamento.
I due passi in più li faccio già ora, quando giro per il quariere in cerca di cassonetti non stracolmi. A me sembra che la differenziata sia aumentata mentre non sono aumentati i passaggi per la raccolta. Bisognerebbe cominciare da questo, già sarebbe un piccolo passo.
Mi spiego meglio: molti lasciano le buste di differenziata per terra perché il secchio è colmo; quelle buste saranno raccolte dai camioncini che raccolgono solo i rifiuti fuori dai cassonetti e che mischiano tutto e diventano indifferenziata.
Aumentando la frequenza della raccolta aumenterebbe la differenziata