Il Coronavirus ancora non ha mostrato del tutto i segni economicamente negativi della sua portata, ha solo evidenziato la fragilità del tessuto sociale italiano. Come denunciato dai centri di ascolto della Caritas, la povertà sta aumentando giorno dopo giorno, sia in termini di “povertà assoluta”, sia in quelli di “povertà relativa”. Uno scenario difficile che si somma al tasso di povertà in cui l’Italia era caduta prima della pandemia, una “tragedia sociale” che non aveva trovato sufficiente attenzione da parte della politica.
Dal 9 al 24 aprile, la Caritas ha accolto 38.580 persone bisognose: italiani, stranieri, lavoratori precari, giovani con contratti di lavoro stagionali o retribuiti per pochi mesi, domestiche, ambulanti, operai, commercianti, studenti fuori sede, anziani con pensioni minime e molto altro. Uno spaccato d’Italia allo stremo delle proprie forze, sia economiche che emotive. Famiglie che non possono pagare l’affitto o la rata del mutuo, persone a cui vengono tagliate le utenze per morosità, le quali pertanto non possono preparare pasti caldi o garantire l’igiene personale a tutta la famiglia, non hanno accesso a internet e dunque vengono tagliate fuori dallo smart working; persone, come riferito dai volontari, “distrutte emotivamente”, che cercano di trattenere anche le lacrime per tutelare la loro dignità.
Già nel 2019, nel rapporto annuale, la Caritas aveva messo in evidenza come tra la povertà assoluta e la povertà relativa, stesse emergendo, con preoccupante forza, una nuova tipologia di indigenti: gli “equilibristi”. Ovvero persone e famiglie con un reddito appena sufficiente a pagare un affitto o un mutuo, in estrema difficoltà nel reperire cibo o far fronte alle utenze. Individui che camminano quotidianamente sull’orlo della povertà assoluta. Il rapporto evidenziava di fatto come, di fronte a un minimo imprevisto, queste famiglie sarebbero sprofondate nel baratro, e aiutarle a rialzarsi sarebbe stato molto difficile.
Purtroppo, l’imprevisto è arrivato, e non riguarda soltanto una parte marginale della società. Si stima che l’intera popolazione italiana cambierà drasticamente la propria disponibilità economica riducendo l’acquisto dei beni alimentari.
Se il dato è grave in chiave nazionale, quello riguardante la città di Roma è ancora più allarmante. Sempre il rapporto annuale aveva posto l’accento sulla Capitale, come una città da monitorare con particolare attenzione. Ecco alcuni dati:
- Una città anziana, privata della forza lavoro con una netta diminuzione dei giovani under 14, dunque con una scarsa prospettiva di crescita.
- Spopolamento della città pari a 16.605 “romani” in meno rispetto al 2018.
- Il 40% della popolazione romana ha un reddito inferiore a 15.000 euro annui.
- Il 40% ha un reddito superiore a 35.000 euro annui.
- Il 17% ha un reddito tra i 35.000 e i 100.000 euro annui.
(le cifre si riferiscono al netto della retribuzione delle famiglie di cui è stato possibile tracciare lo stato economico).
I dati mostrano come la città, anziana e spopolata, si sia spaccata economicamente in due parti. Calcolando le spese di mantenimento di una casa (affitto, mutuo, utenze, alimentari), per vivere nella Capitale occorre una media di almeno 1.300 euro mensili. Vediamo, così, in un grafico esemplificativo come il 40% della popolazione non riesca a mantenere uno stile di vita dignitoso, lontano da ansie e preoccupazioni, in quanto tutto il reddito della famiglia è fagocitato dalla casa. I dati si riferiscono solo alle famiglie di cui è stato possibile tracciare il reddito. A questi numeri dunque andrebbero aggiunte le famiglie che percepiscono un reddito a nero senza tutele contrattuali.
In queste condizioni di precarietà saranno drammatiche le conseguenze della crisi economica generata dal Coronavirus. La Caritas ha dichiarato che sono state raccolte 20 mila nuove richieste di aiuto rispetto al 2019, e siamo ancora lontani dal picco di povertà previsto per il 2020. Solo nel quartiere di San Giovanni, a ridosso del centro storico, dunque non un’area ai margini della città, tra marzo e aprile, è aumentato del 50% il tasso delle persone che hanno dovuto rivolgersi alla Caritas.
Ma come si è arrivati a questa situazione nella Capitale italiana?
Gli elementi sono diversi: Roma, risulta essere la città del centro Nord con il più alto indice di disagio economico, con una mobilità sociale pari a zero (trend tristemente confermato anche a livello nazionale), basso tasso di scolarizzazione: nei quartieri periferici sono in pochi a terminare tutto il ciclo di studi e sono pochissimi quelli che ottengono una laurea. La scarsa scolarizzazione incide profondamente sulla capacità delle famiglie di sfruttare gli ammortizzatori sociali. In questo modo in molti non riescono ad accedere ai servizi di aiuto offerti dalle istituzioni, non conoscono i propri diritti, non si informano sui bandi a disposizione e finiscono nelle maglie di banche e istituti di credito che invece sono pronti ad aprire canali di finanziamento senza porsi troppi scrupoli.
Sebbene questi fattori di disagio siano comuni a tante metropoli, la capitale soffre più di altre per lo scarso impegno dell’amministrazione pubblica relativamente al mercato immobiliare. Un mercato che molto spesso non rispetta le leggi in vigore, con un altissimo tasso di speculazione e pesanti infiltrazioni malavitose, che le istituzioni faticano a controllare e regolamentare.
L’emergenza abitativa romana è una bolla che sta per esplodere, a breve in molti non riusciranno a far fronte ai costi della propria abitazione e la città si trasformerà in una bomba sociale. Ecco perché serve, urgentemente, un piano di ricostruzione sociale cittadina, oltre a una campagna di educazione civica ed economica nei quartieri più disagiati. L’amministrazione comunale dovrà far sentire la propria presenza al fianco di queste famiglie, con azioni immediate lontane da slogan o propaganda, in primo luogo rilanciando l’edilizia pubblica per i ceti meno abbienti.
Ma ad aggravare questa situazione subentra un altro endemico problema, quello del turismo.
Roma, dopo tanti anni di silenzio e indifferenza, dovrà fare i conti con la sciagurata politica che ha permesso lo svuotamento del centro storico della sua naturale popolazione, svendendosi al mercato del turismo di massa e dei b&b, cavalcando solo il turismo “mordi e fuggi” che ha semplicemente depauperato il territorio. Il centro storico sarà privato del turismo per diversi mesi, le attività commerciali, la ristorazione e il settore alberghiero entreranno in crisi, le case riconvertite in b&b non avranno più clienti, e le famiglie non godranno più di questo reddito. Chi le tutelerà? Masse di nuovi poveri busseranno alla porta dell’assistenza e molto probabilmente troveranno un’amministrazione che punterà di nuovo a salvaguardare un mercato turistico asettico, abbandonando interi quartieri alla povertà assoluta.
La Caritas continuerà ad accogliere e a monitorare questa emergenza, confidando sulla sensibilità e l’attenzione della politica. È un dovere di tutti, in questa fase, ringraziare i centri di ascolto che in città stanno garantendo anche un sostegno psicologico. E un pensiero particolare va ai 10 volontari che per prestare servizio, spinti solo dal senso civico e umanitario, hanno contratto il virus e sono deceduti.