Ieri c’è stata una specie di inaugurazione informale della nuova via del Tritone, con sindaco, assessore al commercio e presidente del Municipio I a farsi fotografare soddisfatti del lavoro di rifacimento della strada offerto dalla Rinascente.
“Un modello positivo di partnership con il privato“, scrive il sindaco, e allora partiamo da qui a fare i soliti bastian contrari di una cosa che di primo acchitto chiunque giudicherebbe una buona notizia.
Il privato in questione è il gruppo La Rinascente, proprietario del grande magazzino che ha ristrutturato l’ex sede de L’Unità, a via del Tritone, inaugurando il nuovo punto vendita nel 2017.
Proprio in occasione dell’inaugurazione noi fummo i soli a ricordare come si arrivò ad autorizzare il progetto di riconversione dello stabile di via del Tritone. L’accordo di programma fu infatti approvato e ratificato dall’amministrazione Alemanno con oneri concessori pari a circa 22 milioni di euro, laddove la società avrebbe dovuto pagare circa il triplo. Fu la stessa amministrazione ad applicare lo sconto monstre con la motivazione che “…le modalità di calcolo previste determinano oneri troppo elevati e disincentivanti la riqualificazione urbanistica”.
Tutto legittimo, per carità, benché uno sconto di oltre il 60% su risorse della collettività avrebbe meritato qualche dibattito in più. È bene però tener presente questo antefatto, perché quando nel 2019 lo stesso gruppo La Rinascente si offre di riqualificare le strade attigue al suo stabile con una spesa di circa tre milioni di euro, piuttosto che prendere la cosa come un regalo inaspettato e gradito la Raggi avrebbe potuto considerarla come una sorta di restituzione del tanto avuto in sede di concessione.
Quando nel 2019 la Raggi presentò l’offerta della Rinascente, non solo non puntualizzò la questione delle “restituzione”, ma soprattutto non pose alcuna attenzione a come le strade erano state riprogettate (immaginiamo dal SIMU, il dipartimento dei Lavori Pubblici). Eppure bastava dare un’occhiata ai rendering per capire i problemi che la nuova sistemazione avrebbe comportato.
Noi lo facemmo ma come al solito fu l’ennesimo sasso gettato nell’acqua.
Ecco come si presenta oggi l’ennesima autostrada urbana realizzata a Roma.
La prima cosa che si nota sono i nuovi grandi marciapiedi privi di qualsiasi protezione e poco rialzati: una vera manna per le fermate di “un attimino” per caricare/scaricare o fare qualche acquisto veloce.
La strada poi appare priva di aree di carico/scarico, per cui i furgoni si sentiranno autorizzati ad utilizzare i nuovi marciapiedi per le loro fermate di servizio. C’è addirittura da pensare che la cosa sia stata studiata dagli uffici capitolini, altrimenti non si spiegherebbe la totale assenza di parapedonali e la ridotta altezza dei marciapiedi.
Un’altra cosa che ormai si nota con facilità è l’assenza di uno spazio dedicato alla mobilità sostenibile (bici e monopattini), e dire che l’ampiezza della strada avrebbe consentito di realizzare una ciclabile, peraltro fondamentale in un’arteria centrale come via del Tritone. Come al solito invece si è lasciata un’amiezza casuale per la carreggiata (poco per due auto e troppo per una sola) condannando per di più la ciclabile del Traforo a rimanere un inutile troncone che parte e finisce nel nulla.
Come si vede dall’immagine, sarebbe bastato allargare un filo meno i marciapiedi per creare una ciclabile che potenzialmente poteva collegare via del Corso con la Stazione Termini. E invece ancora una volta si costringono i ciclisti a trovare un po’ di spazio tra tutti gli altri veicoli.
Il bello è che questo progetto è stato curato dall’amministrazione precedente, quella che in altri ambiti si è spinta a volte fin troppo per realizzare le piste ciclabili (vedasi ciclabile di via Mattia Battistini prima fatta e poi disfatta). Chissà perché via del Tritone non è stata giudicata degna di offrire spazi sicuri per chi voglia spostarsi in bici o monopattino in centro.
De segnalare infine una curiosità: per ovviare evidentemente alla sosta selvaggia che da sempre ha imperversato davanti alla sede del Il Messaggero, si è scelto di realizzare un’apposita area di sosta per le auto di servizio della stessa testata.
Nessuno spazio per il carico/scarico delle merci quindi, ma comodi due o tre posti auto per i privilegiati del quotidiano romano. Viene da chiedersi: a che titolo un’impresa privata può aver diritto a sostare davanti la propria sede, differentemente da tutti gli altri “mortali” cittadini?
Un intervento davvero discutibile e comunque senz’altro non meritorio del tempo speso del sindaco di Roma per annunciarlo. Gualtieri e la sua amministrazione non ha responsabilità sulla pessima qualità di questo intervento, ma il fatto che il sindaco si sia dichiarato “contento” di esso significa che egli non ne sa cogliere l’inadeguatezza e le criticità.
Il tweet di ieri del sindaco ricorda un’iniziativa simile della Raggi dello scorso anno, allorché si cominciavano a vedere i risultati del rifacimento di Via Due Macelli, parte dello stesso progetto.
Anche la Raggi gioiva per i nuovi marciapiedi, non rendendosi conto, o omettendolo, della fine che avrebbero fatto.
Ossia questa:
Davvero preoccupante dover constatare che il nuovo sindaco non si rende conto se un intervento è ben fatto o se è l’ennesima occasione perduta per Roma.
2 risposte
Su “Repubblica” un articolo parla di marciapiedi già rovinati. Motivo: come da Voi pronosticato automezzi che utilizzano i marciapiedi come strade…
Sarebbe sufficiente montare dei “panettoni” parapedonali in cemento, come quelli che che si usano molto a Milano per evitare che i camion salgano sui marciapiedi.