Stazione Pigneto: il progetto assegnato dopo la quarta gara delude. Ma una speranza c’è ancora

Per Metrovia occorre predisporre una seconda banchina e ripensare l'area di Porta Maggiore. Solo così diventerà un vero nodo di scambio

Più volte abbiamo dato voce al lavoro di Metrovia relativamente al nodo Pigneto. La posizione del gruppo guidato dall’arch. Paolo Arsena ci convince perché a Roma i progetti non possono essere sempre al ribasso. In questo approfondito articolo, Metrovia spiega anche ai lettori di diarioromano cosa occorre fare per ridare smalto e visione al futuro scambio Pigneto, dopo la gara assegnata da Ferrovie lo scorso luglio.

 

di Metrovia

La vicenda della stazione Pigneto è l’emblema di una città senza ambizioni, ripiegata su se stessa, incapace di fare leva sulle proprie risorse per progettare un futuro migliore. È la città che si arrende e si accontenta del risultato minimo, buono forse per l’occasione, a costo di gettare al vento le opportunità future.

Il Pigneto è sempre stato in potenza un grande nodo di scambio tra più linee ferroviarie, la metropolitana e il tram. Ma così diventa un’unica fermata del treno. E basta.

Due linee ferroviarie nel vallo, ma una sola con banchina per la sosta dei convogli. E se saremo fortunati di non incappare in un qualche intoppo e di evitare i proverbiali ritardi, le magagne e il “non finito” dei cantieri romani, solo nel 2029 questa fermata sarà collegata con la Metro C.

E siamo solo all’inizio delle delusioni.

 

Nasceva come grande nodo di scambio

La stazione Pigneto era nata sotto una stella ben diversa. È una stazione doppia, composta di due lotti: il primo è quello che chiude il vallo e comprende le due linee ferroviarie dirette a Tiburtina, la “lenta” da Tuscolana e la “indipendente” da Casilina; il secondo è quello sul versante Mandrione e comprende altre due linee ferroviarie dirette a Termini, la “Formia” e la “Cassino”.

 

Il progetto di RFI del 2012 prevedeva la fermata doppia lato Mandrione con lo spostamento del tram da Ponte Casilino sul Tombamento del Pigneto, per liberare lo spazio occorrente. Inoltre, ancora nel 2018, il protocollo d’intesa tra Roma Capitale e RFI chiedeva che sul primo lotto, oltre alla fermata prevista ci fosse anche la predisposizione per le banchine sulla linea merci. Si consentiva cioè non solo di far sostare il treno sulla linea FL1, ma anche di non pregiudicare la sosta al Pigneto a uno sviluppo futuro del traffico ferroviario sulla cosiddetta linea “indipendente”. Traffico peraltro già oggi previsto.

 

Il progetto di RFI del 2012

In buona sostanza, ancora nel 2018 il Pigneto manteneva tutti i presupposti per essere un grande nodo di scambio: tutte e quattro le linee ferroviarie predisposte per le banchine, il tunnel di collegamento con Metro C e il tram che scambiava con tutto.

La riduzione minimale della giunta Raggi

Poi la giunta Raggi ha ridimensionato le cose, in coerenza con la miopia dimostrata sulle grandi opere: senza scomodare l’ostilità alle metropolitane di superficie promosse nel PUMS con Metrovia, basti ricordare la fine che ha rischiato di fare la Metro C, che solo il sollevamento popolare e mediatico ha salvato in extremis dal Tombamento delle talpe sotto il Foro di Traiano.

lo ha fatto anzitutto con un pessimo progetto per il tram Termini-Tor Vergata, che replicava il tracciato problematico e anacronistico della Roma-Giardinetti, rubando così quello spazio necessario al Mandrione per fare banchine a servizio di entrambe le linee ferroviarie. Infatti la presenza da un lato della Casilina e dall’altro dell’Acquedotto Felice, impedisce di ricavare gli spazi per 250 metri di banchina, con i tratti di raccordo dei binari in entrata e in uscita. E tale spazio si ottiene soltanto acquisendo il Sedime della Roma-Giardinetti in quel tratto.

E poi lo ha fatto con il taglio delle banchine sotto la copertura del vallo, divenuta solo parziale.

Un progetto dimezzato quindi, che ha tarpato le ali al sistema del ferro. Di quattro linee ferroviarie che attraversano il nodo, solo due potranno consentire la fermata dei treni. E il tram che inizialmente avrebbe potuto scambiare con tutto (metropolitana, stazioni ferroviarie di Pigneto e Mandrione) continuerà invece a mancare lo scambio con Metro C e con la futura fermata ferroviaria di prossima costruzione, passando a 300 metri di distanza effettiva.

  

Il ruolo dell’attuale amministrazione

La nuova amministrazione avrebbe potuto e dovuto porre rimedio al problema. Tanto più quando si è resa conto che la mancata banchina sulla linea “indipendente” (stante il nuovo piano dei binari di Tuscolana in corso di realizzazione) non avrebbe consentito di chiudere il cerchio della FL0, la ferrovia circolare che correrà sull’anello, dopo la chiusura dell’arco nord. Che invece sarà costretta, in entrambe le direzioni a fermarsi su un lato della stazione e a ripartire da quello diametralmente opposto, imponendo una scomoda (e insensata) Rottura di carico ai viaggiatori, per scendere, attraversare la stazione e risalire sulla stessa linea.

La chiusura della Circle Line a “C”

Peraltro segnaliamo anche che la Regione Lazio, nei vari accordi Quadro firmati con RFI, non si è posta il problema della fermata sulla linea indipendente fino al 2023, quando al Tavolo di Ascolto con RFI e MIT ne ha fatto per la prima volta esplicita richiesta “al fine di avere un’infrastruttura ferroviaria più flessibile, in grado di offrire nuove opportunità di servizio“.
Richiesta rimasta “oggetto di approfondimento”.

Siamo stati i primi e i più pressanti nel segnalare questi problemi e nell’aprire gli occhi ai decisori, sin da quando è uscito l’ultimo progetto di RFI. E lo abbiamo fatto nel nostro modo consueto, cioè armati di proposte concrete e risolutive. Ma ad oggi invano.

Non solo si realizza la stazione con banchine per una sola linea, ma si posticipa in là negli anni perfino l’essenziale collegamento sotterraneo con Metro C, cioè l’elemento più importante per connettere e fare rete.

Un rimedio è ancora possibile

Poiché però al recupero del buon senso non esiste limite, rilanciamo ancora queste proposte.

La prima è quella che consente di salvare la predisposizione della seconda banchina nel vallo, con una variante in corso d’opera di entità limitata per la prima fase, che attiva la stazione ferroviaria.

In prospettiva occorrerà un allargamento del vallo sul lato orientale, di circa 4 metri. Si tratterà cioè di sottrarre alla Circonvallazione Casilina est una porzione di carreggiata che lascia comunque lo spazio (anche nel punto di restringimento della strada) al passaggio delle auto in un senso di marcia. Si potrà realizzare spostando di quei pochi metri la palificata di contenimento.

Per l’immediato però non occorre un intervento così esteso: basta limitarsi ai sostegni dei due attraversamenti previsti nella prima fase.

Due i vantaggi:

  • si corregge questa grave carenza di impostazione, predisponendo la stazione al compimento del suo pieno potenziale (con la linea “indipendente” dotabile di banchine);
  • si porta comunque a termine la fase 1, con la messa in esercizio della stazione ferroviaria, con i nuovi attraversamenti pedonali di superficie, già prolungati.

Nel mentre ci sarà tutto il tempo per adattare il progetto della fase 2 alla soluzione della doppia banchina.

L’arretramento di 4 metri dei sostegni alle passerelle, su Circonvallazione Casilina Est

La seconda proposta è quella che continuiamo a sostenere da molto tempo, che riguarda il tracciato del tram Termini-Tor Vergata, specie nel tratto compreso tra Termini e il Pigneto.

La proposta è stata ampiamente illustrata con due quaderni dedicati (promossi assieme all’associazione Roma Ricerca Roma) e veicolata anche in quest’ultima fase di conferenza dei servizi, propedeutica alla VIA e all’approvazione del progetto definitivo. Suggerisce come ripensare la circolazione nel nodo di Porta Maggiore, anche ritoccando l’organizzazione delle linee tranviarie esistenti e semplificandola a parità di origini e destinazioni servite. Si tratta di un nodo talmente complicato che “togliere” consente di “aggiungere”. Perché semplificare vuol dire migliorare il transito e i servizi, che altrimenti sconterebbero gli stessi rallentamenti di oggi.

Con la semplificazione di Porta Maggiore e delle linee che la attraversano, indirizzando il tram Termini-Tor Vergara sul primo tratto di Prenestina e poi su Circonvallazione Casilina ovest, otteniamo la liberazione del versante Mandrione.

Salviamo cioè la doppia banchina per le ferrovie verso Termini e consentiamo al tram di fare tutti gli scambi che servono.

In conclusione

In definitiva, se RFI e la vecchia giunta sono responsabili di aver azzoppato il primo lotto del Pigneto, questa amministrazione, con un tram fatto come serve davvero avrebbe ancora l’occasione di intestarsi due risultati positiviaver preservato molte delle potenzialità del Pigneto; e aver risolto il nodo di Porta Maggiore con tutti i benefici che ne conseguono sotto il profilo urbanistico e della mobilità tranviaria.

Lasciare le cose come stanno è l’opzione peggiore. Sarebbe la resa alla sciatteria pianificatoria e progettuale ricevuta in eredità. Non un’opportunità quindi, ma un danno per la città.

Un danno certificato anche dai costi: dai 78 milioni preventivati da RFI nel 2012 si passa ai 98 del 2018 per il nodo completo dei lotti di Pigneto e Mandrione. Oggi invece con il rialzo ai 131 milioni accordati per l’appalto realizziamo il solo lotto 1 del Pigneto, con una banchina soltanto e senza avere subito il collegamento con la metropolitana.
Ne è valsa la pena?

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