Stazione Termini, un film di Vittorio De Sica che ci fa scoprire incredibili immagini degli anni ’50

La stazione di Roma Termini è la più grande stazione ferroviaria d’Italia; con 32 binari, tre livelli e 2 snodi metropolitani costituisce la quinta stazione europea per traffico di passeggeri, per la vorticosa cifra di 150 milioni di passeggeri all’anno, 480 mila al giorno. Raccorda il nord e il sud del paese, come una porta sempre aperta.

Inaugurata nel 1863, deve il suo nome alle terme di Diocleziano, poste subito dopo la piazza dei Cinquecento, antistante la stazione. Tutto il suo complesso costituisce un vero e proprio microcosmo sociale.

La sua architettura fu stravolta, a più riprese, nel corso degli anni e l’attuale grande pensilina che funge da ingresso, chiamata “il dinosauro”, fu inaugurata il 20 dicembre del 1950, considerata l’esempio più significativo dell’architettura italiana del dopoguerra.

In quegli stessi anni il produttore statunitense David O. Selzinck era molto interessato al cinema neorealista e acquistò da Zavattini un soggetto che rappresentava per l’appunto la Stazione Termini.

In un primo momento il soggetto fu affidato al regista francese Claude Autant-Lara, il quale dopo aver visitato la stazione riferì al produttore che era impossibile utilizzare Termini come set, e che la sua struttura doveva essere ricostruita artificialmente.

Il costo sarebbe ammontato a un miliardo, preventivo che fece desistere il produttore americano dalla regia francese. Si rivolse, così, al padre del neorealismo, Vittorio De Sica.

Quest’ultimo accettò con riserva, visto che proprio in quegli anni usciva della delusione commerciale del suo Umberto D, film riscoperto solo dopo tanti anni e incluso nel novero delle pellicole neorealiste per eccellenza (piccola curiosità: Umberto D fu trasmesso la prima volta in esclusiva in casa di Charlie Chaplin, che si disse commosso dalla potenza di quelle immagini).

De Sica accettò, dunque, più per scommessa che per convinzione, attratto dalla bellezza della storia ma scettico anch’egli sull’ambientazione.

Nacque così una coproduzione italo-americana che diede al film una valenza internazionale. La sceneggiatura fu rivista diverse volte da Zavattini, poi Moravia, Carson, Paul Gallico, Mc Callers fino ad arrivare a Truman Capote che scrisse i dialoghi della versione inglese. Il film infatti ottenne due versioni diverse e fu lanciato in America con il titolo Indiscretion on an american wife.

Trovato l’accordo su tutto, restava il problema del set. Vittorio De Sica non avrebbe mai rinunciato alla realtà per la finzione, non avrebbe mai tradito il movimento artistico che egli stesso aveva lanciato. Voleva Termini a tutti i costi, i suoi suoni e i suoi odori. Il film fu così girato interamente di notte, quando la stazione era deserta e poteva tranquillamente riempirsi di attori e comparse varie. Le riprese iniziavano alle 22,30, orario di chiusura della stazione e terminavano alle 7 di mattina, quando i primi treni iniziavano a stazionare lungo i binari. De Sica raccontò della difficoltà nel realizzare questo film: le temperature rigide che arrivavano spesso sotto lo zero, la complessità nel raccordare un vero e proprio esercito di comparse, per non parlare dei macchinisti dei treni con cui non andava per niente d’accordo, arrivando a furibonde liti su come i convogli sarebbero dovuti apparire ed entrare in stazione.

Di certo non occorre tratteggiare lo stile e la figura del più grande cineasta della storia del cinema, ma abbiamo voluto introdurre questa pellicola per rimarcare l’importanza di uno dei luoghi più rappresentativi della città.

Nel 1953 fu finalmente presentato al festival di Cannes il film “Stazione Termini”, che si rivelò però un flop commerciale, incassando al di sotto delle stime previste. La critica fu molta dura, sia con la produzione sia con Vittorio De Sica che veniva accusato di allontanarsi troppo dal suo neorealismo. De Sica, incassato il colpo, si impegnerà come attore e come regista segnando per svariati anni la storia del cinema. Nel 1965 tornerà alla ribalta internazionale con Ieri, oggi, domani, vincendo il premio oscar come miglior film straniero, sarà il suo penultimo oscar prima di Il giardino dei Finzi Contini del 1973.

Nonostante la delusione commerciale, Stazione Termini rappresenta un unicum sia come sforzo realizzativo sia come sforzo rappresentativo.

Vederla deserta in questo periodo di quarantena è qualcosa che ci lascia interdetti e stupiti, ma nello stesso tempo ci stimola ad apprezzarla per la sua valenza storica.

Guardando le scene del film riusciamo a focalizzare i suoi spazi che di giorno siamo soliti osservare qualche minuto di sfuggita, giusto il tempo di scendere e salire dai treni.

Notiamo così immagini che ci fanno sorridere, come le panchine di legno appena entrati in stazione nel luogo dove oggi esiste una libreria; gli sportelli del telegrafo, per inviare dei messaggi dove oggi vi è il negozio della Nike. Oppure la sala di attesa per la III° classe dove oggi si entra nei locali della Coin. La grande Galleria sgombra dei moduli commerciali e la biglietteria dove il personale indica gli orari leggendo grandi diari giornalieri al posto di macchinette automatiche.

Per non parlare dei treni, vecchi vagoni con scompartimenti chiusi a sei posti. Attivi fino al 2009, erano mezzi che ci obbligavano alla socialità, alla condivisione, mentre oggi per paradosso la parola d’ordine è il distanziamento sociale.

Forse, quando tutta questa storia del virus sarà finita le persone che dovranno viaggiare correranno ad acquistare le poltrone singole, forse le aziende di trasporti ne aumenteranno anche i prezzi, oppure le persone torneranno alla socialità, e forse quando dovranno partire prenoteranno i posti a quattro, e come la protagonista del film proveranno imbarazzo e piacere nel chiacchierare con persone sconosciute, forse… ma per il momento possiamo solo guardare queste vecchie pellicole ed emozionarci nel riconoscere quegli ambienti totalmente altri rispetto ad oggi.

 

Trama:

Una signora statunitense, Mary Forbes (Jennifer Jones), in visita presso la sorella che vive a Roma, decide di tornare a casa dal marito per troncare una relazione travolgente con un giovane insegnante italiano, Giovanni Doria (Montgomery Clift), conosciuto per caso in Piazza di Spagna. Giovanni, appresa la notizia, si precipita alla Stazione Termini per impedire a Mary di partire.

Le chiederà di fermarsi in Italia e vivere con lui. Mary perderà il treno è sarà così costretta a rimanere in stazione al fianco di Giovanni. I due, in attesa del treno successivo, saranno attorniati da una moltitudine di persone che si muovono e vivono la stazione e che gli faranno vivere alterne vicende, fino a una svolta che almeno Giovanni non aveva previsto…

Il film è disponibile gratuitamente sulla piattaforma online di YouTube.

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Una risposta

  1. ho visto questo film che ho trovato bello nell’insieme anche se girato tutto in una stazione con un via vai di gente continua , sarà stato difficile per il regista girare le scene pensavo , ma poi ho letto che le scene venivano girate dopo le dieci di sera quando la stazione chiudeva e si protraevano fino alle sette del mattino ,le persone nella stazione erano tutte comparse all’infuori di alcuni attori italiani che conosciamo come Stoppa e Gino Cervi . Bravissimi i due interpreti di questa storia d’amore , che hanno saputo renderla vera in modo magistrale . La Jones bellissima e bravissima e Cliff magistrale nelle espressioni degli occhi che parlavano da soli . Grande cinema con grandissimi attori .

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