In sette anni in Cina sono stati realizzati tremila chilometri di metropolitane e 87 nuove linee. La linea metro 12 di Madrid è stata costruita in soli tre anni, pur essendo uno dei più imponenti progetti di ingegneria civile in Europa. Nel solo ultimo anno, la Grecia ha progettato e stanziato i fondi per la quarta linea metro di Atene e l’estensione delle attuali 64 stazioni.
Nel contempo, a Roma non solo si sono compiuti pochissimi passi avanti con la metro C (da poco è stato nominato un commissario altrimenti l’opera si sarebbe fermata) ma non si è riusciti a sbloccare una delle vicende più assurde del settore trasportistico capitolino: la Stazione Vigna Clara. Usata solo pochi giorni in occasione del Mondiali di calcio del 1990, era stata ristrutturata e adeguata alle normative nel 2015. Ma non ha mai aperto!
Il motivo risiede in una serie di ricorsi intentati da un condominio che affaccia sulla ferrovia e da una clinica, che temono di subire danni dal passaggio dei treni. Un timore smentito dai giudici in più occasioni, tanto che l’ultima sentenza del Tar del Lazio ha dato ragione a RFI (Rete Ferroviaria Italiana), ma non è bastato. Una serie di cavilli normativi ha permesso ai ricorrenti di bloccare di nuovo l’apertura che slitterà forse al 2022.
E nel frattempo migliaia di residenti della zona che potrebbero prendere il treno per i loro spostamenti, sono costretti ad usare l’auto privata. L’ultimo capitolo di questa “saga giudiziaria” assomiglia più ad un film dell’assurdo. Lo accenniamo brevemente ma chi volesse approfondire l’intera vicenda può leggere l’articolo di MetroXRoma che ha ricostruito minuziosamente l’incredibile storia di questi anni
In pratica, l’ultima sentenza del Tar (che ha dato ragione come le precedenti a RFI) ha dato il via libera ad eseguire le prove sperimentali. Si tratta, cioè, di far passare i treni sulla tratta interessata e studiare possibili conseguenze dal punto di vista ambientale: di fatto un pre-studio necessario alla VIA, la Valutazione di Impatto Ambientale.
Ma arriva il colpo di scena da parte del condominio e della clinica. Il loro legale si accorge che una VIA era stata già eseguita dallo Stato nel 2004 nell’ambito del progetto dell’anello ferroviario. Pertanto – sostengono i residenti – non è corretta la procedura della VIA regionale, perché la competenza è statale.
E da qui parte una serie di lettere, risposte, repliche tra il Ministero dell’Ambiente, i cittadini, il Ministero dei Trasporti e RFI. Lo scambio di missive è concluso, ma la procedura resta sospesa.
Al di là delle questioni meramente legali, c’è un reale motivo per cui questa stazione non debba aprire? Il Tar ha detto che nulla osta e lo ha ribadito più volte. Ci sono rischi per i condomìni adiacenti? Sembrerebbe di no, dato che le opere sono state realizzate secondo tutte le normative. Insomma la realtà è che con questi continui ricorsi, i cittadini stanno solo facendo “melina”, per rinviare il più lontano possibile l’inaugurazione della tratta.
Si tratta di pretese improbabili di pochissimi residenti che però danneggiano tutta la collettività, come scrive correttamente MetroXRoma.
Il problema non è neanche nella sequela egoistica di ricorsi avanzati, ma nelle leggi che lo consentono. In Italia, progettare, realizzare e inaugurare un’opera pubblica prende un tempo incredibilmente più lungo rispetto a tutti gli altri Paesi europei. E non è perché le nostre imprese non sono brave, anzi sono queste che costruiscono in tutto il mondo le opere più ardite.
Il tema sta tutto nella farraginosità della legislazione e nella mancata definizione di una procedura chiara che porti al completamento delle opere incompiute.
Il Governo Conte II e adesso anche quello guidato da Mario Draghi, hanno dovuto nominare decine di commissari straordinari per dare loro poteri speciali, in mancanza dei quali le opere restavano bloccate. Se servono i commissari è perché i procedimenti sono confusi, permeabili alla convenienza di pochissimi e lontani dall’interesse collettivo.
La vicenda della Stazione Vigna Clara ne è la plastica dimostrazione e ogni mattina, quando migliaia di persone si mettono alla guida delle loro auto invece di prendere il treno, devono sapere che la colpa non è solo di chi fa i ricorsi, ma di chi glielo consente.
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