Nel centro di Roma, a pochi passi da via Nazionale e da Santa Maria Maggiore, nel cuore di rione Monti, sorge un antico complesso monastico quasi del tutto ignorato dalle guide turistiche, nonostante la sua storia sia semplicemente incredibile: affonda le radici nell’antica Roma fino ad arrivare al Novecento. Parliamo della chiesa di San Lorenzo in Panisperna, e dell’antico monastero che nacque intorno all’edificio di culto, ubicati nell’omonima via che venne aperta solo nel XVI secolo, proprio per facilitare il tragitto verso il sito.
La chiesa porta il nome di San Lorenzo, molto amato e venerato in città. Difatti, Lorenzo è il terzo patrono della Capitale e la sua importanza è testimoniata dalla presenza nella città di sette chiese dedicategli.
Per capire il peso nella collettività cittadina, bisogna introdurre, seppur in grandi linee, gli ultimi giorni che segnarono il suo martirio.
Secondo la tradizione, l’imperatore Valeriano (253-260) attraverso due editti, uno del 257 e l’altro del 258, intraprese una dura politica di repressione religiosa ai danni dei seguaci del cristianesimo. Tra le tante vittime illustri, vi fu per l’appunto anche il diacono Lorenzo.
A causa di questi provvedimenti, Papa Sisto II fu arrestato e rinchiuso nelle carceri Mamertine. Si narra che, durante il tragitto, il suo diacono Lorenzo lo avesse fermato all’improvviso, e che alla domanda “Dove vai, o padre, senza il tuo figliolo?”, il pontefice avesse risposto “No, non già io ti lascio, né ti abbandono, dopo tre giorni tu mi seguirai con un martirio più glorioso, va’ pertanto e senza indugi dividi i tesori della Chiesa, distribuendoli ai poveri”. Così Lorenzo adempì a quanto gli era stato prescritto.
Dopo la decapitazione di Sisto II, Lorenzo fu arrestato e condotto, la mattina del 7 agosto, al palazzo Sallustiano per incontrare l’imperatore. Qui fu punito duramente per aver distribuito beni ai poveri; fu poi portato nel palazzo del tribunale e battuto con verghe di ferro, mentre con lamine infuocate gli furono marchiati i fianchi e venne percosso di continuo con funi impiombate. Il giorno 9, Lorenzo venne trovato ancora vivo nella sua cella, fu condotto nuovamente dall’imperatore che in cambio della libertà gli chiese di abiurare al proprio credo. Di fronte al suo fermo rifiuto, gli venne inflitta una nuova tortura: venne disposto su una catasta di legno e ricoperto di scorpioni.
Lorenzo restò impassibile, non emise nessun gemito di dolore e la sua reazione spaventò così tanto l’imperatore da indurlo a sospendere la punizione. Venne riportato in cella, in quella che doveva essere la sua ultima sera. Il 10 agosto venne ordinato ai carcerieri di eseguire tutte le punizioni già inferte nei giorni precedenti, ma ancora una volta Lorenzo rimase indifferente al dolore. Valeriano mosso da un “brutale furore”, ordinò di legare Lorenzo su una graticola di ferro e di bruciare il suo corpo a fuoco lento. Qui avvenne il gesto che consacrò Lorenzo negli onori dei martiri. Durante l’esecuzione della punizione, il diacono fissò il centurione e mentre la sua carne ardeva disse che era arrivato il momento di voltarlo dall’altra parte, perché la carne era ormai cotta e buona da mangiare.
Nulla di più sappiamo sulla morte di Lorenzo, ma quello che passò alla storia fu il luogo del suo martirio dove, come tradizione, venne edificata una chiesa, la cui cripta, chiamata anche “forno”, è considerata il vero luogo dell’esecuzione.
Nacque così, tra l’Esquilino e il Quirinale, la chiesa di San Lorenzo in Panisperna.
La più antica denominazione che conosciamo dell’edificio è “in Formoso”, derivante, forse, dal nome di papa Formoso. Accanto alla chiesa sorse in un secondo momento, probabilmente in seguito ad una donazione privata, il monastero dei Benedettini, che vi abitarono dal X secolo fino alla fine del XIII, quando il monastero passò all’ordine delle Clarisse.
Prima del XIV secolo la chiesa iniziò a denominarsi “in Panisperna”. La tradizione vuole che questo nome sia nato dall’usanza del monastero benedettino di distribuire, nel giorno della commemorazione del martire, pani et perna, ovvero pane e prosciutto ai poveri. Il dibattito intorno a questo nome è ancora aperto e molto affascinante. Tra le varie tesi vi è anche quella della derivazione dal cognome romano di Perpenna. Petronio Perpenna era un prefetto romano che nel 443 restaurò le terme di Costantino al Quirinale. Queste si estendevano fino all’area della chiesa di San Lorenzo e ne sono state rinvenute alcune tracce durante la costruzione del Ministero degli Interni, che fu edificato nel vecchio orto del monastero ed inaugurato il 9 luglio 1925.
La chiesa e il monastero attraversarono, tra alti e bassi, tra cadute e riprese, tutta la storia di Roma fino al 1800 quando iniziò a delinearsi la loro fine.
Dopo la presa di Roma, da parte dello Stato italiano, il monastero iniziò a contrarre pesanti debiti e già nel 1872 il governo italiano iniziò ad espropriare alcuni beni, fino a quando, nel 1877, si arrivò alla soppressione completa.
Generalmente si collega lo spazio del monastero con il celebre “Regio Istituto di fisica dell’Università di Roma”, che divenne, agli inizi del XX secolo, la sede della facoltà di Fisica dell’Università di Roma La Sapienza, passata alla storia come la sede dei “Ragazzi di via Panisperna”, ma qui bisognerebbe essere più precisi.
Tra il 1877 e il 1880 nel cortile del monastero venne costruito un edificio su progetto di Pietro Blaserna, destinato ad ospitare gli spazi della facoltà di fisica. Vari studiosi hanno quindi sempre confuso gli spazi esterni, dove si sarebbe formato l’Istituto, con quelli del monastero. Pertanto, quello che in era in comune era solo la via e una parte del cortile. I ragazzi di via Panisperna è il nome con cui è divenuto noto il gruppo di giovani fisici che collaborarono con Enrico Fermi alla scoperta delle proprietà dei neutroni lenti che portò alla realizzazione del primo reattore nucleare e della bomba atomica. Per mantenere viva la memoria di questi giovani fisici, nel 1996, su iniziativa di Luigi Squitieri è nata l’associazione culturale “Comitato Panisperna”. Lo stesso Squitieri fu il promotore della legge n° 62 del 1999 che trasformava l’Istituto di Fisica in “Museo della Fisica e Centro studi e ricerche dedicato ad Enrico Fermi”.
Le Clarisse, invece, dopo la soppressione si trasferirono per circa sette anni nel monastero del Bambino Gesù in via Urbana e nel 1884 si spostarono nella chiesa di Santa Lucia in Selci, dove dimorano tuttora. Qui diedero vita ad un nuovo monastero che chiamarono, per rievocare la loro storia, “S. Lorenzo in Panisperna”.
Ma oggi cosa resta dell’antico monastero di San Lorenzo? Oltre alla chiesa, con il cortile antistante, vi è un intero fabbricato che ospitò l’ordine benedettino, divenuto proprietà del Ministero degli Interni nel 1920; un insieme di casupole medievali che ospita tutt’ora un piccolo numero di agostiniane oblate. Quest’ultimo complesso ricade sotto l’autorità della Chiesa.
La chiesa di San Lorenzo, invece, conserva perfettamente la cripta, dove si possono ancora ammirare le lapidi dell’antica chiesa medievale.
Altri importanti segni dell’esistenza del monastero si trovano lungo la strada che porta al sito. Su diversi edifici si notano infatti delle targhe, alcune perfettamente conservate, che riportano, oltre alla graticola, simbolo del martirio di Lorenzo, la scritta “SUB PROPRIETATE S LAURENTI IN PANIS PERNA”. Da questi piccoli segni lasciati nel tessuto urbano, quasi invisibili, ci si rende conto dell’importanza del sito. Lo studioso Ottorino Montenovesi visitando il complesso scrisse:
“Così proprio nel cuore di Roma sorge, quasi ignorato, un claustro schiettamente francescano, che per la povertà e la poesia che lo circonda non la cede certo alle dimore dei figli di San Francesco nella valle di Rieti, la Valle Santa”.
P.S: per chi fosse interessato, la chiesa è aperta al pubblico, mentre alla cripta si può accedere solo previo appuntamento. Gli spazi del monastero, il giardino e il chiostro sono interdetti al pubblico in quanto ricadono negli spazi del Ministero degli Interni. Le casupole medievali sono visitabili solo dall’esterno.
L’articolo è tratto, in parte, da un contributo comparso nella rivista “Frate Francesco” (n.1 2015), dal titolo Il monastero di San Lorenzo in Panisperna in rione Monti a Roma, di S. Guido.