… il problema delle bancarelle a Roma.
C’è un tweet odierno di @sbywor che a nostro avviso mostra in maniera esemplare ed emblematica qual è questo problema:
La prestigiosa gioielleria Tiffany …
New York, Parigi, Milano, Roma.
Sono gli altri, a Milano, Parigi o New York, che non hanno ancora colto la potenzialità che qualche bancarella davanti ai Tiffany locali potrebbe dispiegare oppure siamo noi a Roma che non ci rendiamo conto dei danni che bancarelle in sovrannumero e mal posizionate, benché regolari, creano al commercio cittadino?
Ci si arriva a capirlo che un’attività che è in grado di attribuire un valore aggiunto enorme agli oggetti che vende (bravi loro che ci riescono) non può coesistere fianco a fianco con altre che invece fanno dei ricarichi minimi la loro forza (motivo per cui riescono a vendere tutto per pochi euro)?
Ed in una così stretta coesistenza non è la bancarella che viene spinta verso la direzione di Tiffany, ossia portata ad aumentare i propri margini e quindi consentire maggiori guadagni al gestore, bensì è l’attività di pregio che inesorabilmente vedrà ridursi l’efficacia della propria offerta e quindi il valore aggiunto generato.
È quindi questa la scelta di fondo che va infine fatta a Roma: si vuole puntare su attività ad alto valore aggiunto che permettono guadagni più alti per tutti (gestori, personale, indotto, ecc.), oppure conviene continuare a spingere verso attività sempre più improvvisate ed a basso costo, aumentandone ulteriormente i numeri e lasciando che i loro margini continuino ad essere erosi dalla concorrenza al ribasso?
Detta in altri termini, vogliamo cercare di essere tutti più ricchi (o, per gli appassionati pauperisti, meno poveri) ed operare e vivere in condizioni migliori, oppure preferiamo essere via via sempre più poveri e rassegnarci a vivere e lavorare sempre peggio?
2 risposte
Un’immagine vale più di mille parole.
Sempre detto ” in nessuna delle grandi capitali si vede quel che succede a Roma ” !