Ospitiamo volentieri questo articolo di Lucio Maria Frizzoni, presidente del Comitato per via Gradoli che da anni lotta per ridare decoro e dignità ad una strada troppo spesso al centro delle cronache. Finita l’emergenza trans e prostituzione, ora le cantine ospitano famiglie pur non avendo alcun requisito di abitabilità.
A seguito di un esposto presentato il 7 novembre 2005 da alcuni residenti che si dolevano del grave degrado in cui versava il condominio del civico 65/69 di via Gradoli, l’allora Comune di Roma emise l’ordinanza sindacale n. 129 del 29 novembre 2007, con la quale venne dichiarata, sensi delll’art. 222 del T.U.LL.SS., (Testo Unico Leggi Sanitarie) l’inabitabilità e lo sgombero dalle persone di 26 monolocali oggetto del provvedimento stesso.
In particolare venne rilevato che”…tutti gli ambienti ispezionati risultano insufficienti rispetto ai parametri per le superfici minime e per i requisiti igienico-sanitari principali dei locali di civile abitazione, previsti dal D.M. 5/7/75…”
In realtà il degrado edilizio, urbano e sociale nella strada trova origine dalla edificazione speculativa e dagli abusi edilizi ad opera dei Servizi (SISDE) di alcune palazzine tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70. L’iniziale gestione di tali immobili da parte dei stessi edificatori risulta evidente dalle cronache giudiziarie e dalle vicende politiche consegnate alla storia della “notte della Repubblica”, per la comprensione della quale si rimanda alla lettura del libro del sen. Sergio Flamigni “Il covo di stato”- via Gradoli 96 e il delitto Moro (ed. Kaos).
Dagli anni ’80, con l’esplosione del fenomeno migratorio di massa, l’illegittima trasformazione ad uso abitativo di circa un centinaio di cantine e (o) magazzini situate nei piani terra, interrati e seminterrati dei civici 35/37, 65/69, 75 e 90/96 viene utilizzata allo scopo di consentirne lo sfruttamento mediante la locazione a gruppi familiari, per lo più di origine extracomunitaria, che hanno versato o versano ai proprietari somme sproporzionate rispetto al valore d’uso degli immobili(400-500 € mensili per superfici di 15-20 mq).
E’ dal novembre 2009 (affaire rosa-nera Marrazzo) che i residenti di via Gradoli, per il tramite del “Comitato per via Gradoli”, si battono al fine di contrastare il degrado della strada.
Se dal punto di vista della vivibilità quotidiana molto è stato ottenuto grazie al costante impegno dei presidi territoriali delle forze dell’ordine, con particolare riguardo al Commissariato di P.S. “Flaminio Nuovo”, quasi nulla è stato fatto per risolvere il nodo strutturale della illegittima locazione ad uso abitativo dei suddetti immobili e delle condotte illegali ad essa associate.
Decine di famiglie continuano a dimorare in angusti tuguri, privi del certificato di agibilità, se non ancora censite nella categoria catastale C, e dei requisiti igienico-sanitari previsti dalle normative vigenti per case di civile abitazione, con grave nocumento per la loro salute e gravissimo pericolo per la sicurezza degli interi stabili causa l’uso e la detenzione di bombole GPL nei piani interrati e seminterrati.
Se si esclude l’ordinanza sindacale di inabitabilità e sgombero del novembre 2007, peraltro compiutamente eseguita solo il 10 ottobre 2010, e la recente revoca, con provvedimento di autotutela, di due certificati di agibilità da parte dell’Ufficio Condono Edilizio, nessun altro provvedimento amministrativo è stato emanato dalla precedente e dall’attuale Giunta di Roma Capitale per reprimere l’odioso fenomeno speculativo.
Da oltre trent’anni speculatori e sfruttatori senza scrupoli, eredi più o meni diretti della famigerata “cricca” di via Gradoli, perseverano nel loro turpe mercimonio e se la ridono bellamente come se la ridevano nel letto gli affaristi della “cricca” degli appalti alle ore 03.32 del 6 aprile 2009.
In verità nel luglio 2012 un provvedimento di sgombero di alcune unità immobiliari site ai civici 35/37, 65/69 e 90/96 sembrava in dirittura di arrivo, avendo l’ASL RM/E, a seguito di numerosi e ripetuti sopralluoghi congiunti con altri Enti ( Uffici Tecnici del Municipio, Polizia Locale, VV.FF.) “…accertato che gli immobili in oggetto indicati non sono idonei per essere utilizzati come civili abitazioni in quanto non rispettano i requisiti igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente” ed avendo il Dipartimento alle Politiche Sociali, Sussidiarietà e Salute messo in atto le procedure di comunicazione di avvio del procedimento. Tale atto amministrativo non ha mai visto la luce, né sotto la direzione del dr. Angelo Scozzafava, né durante la dirigenza della dr. Isabella Cozza.
In data 2 dicembre 2014 sono emerse le possibili ragioni di tale comportamento omissivo. L’emanazione di quel provvedimento non sarebbe risultata esaustiva per la risoluzione della “questione” di via Gradoli, ma almeno avrebbe manifestato la volontà politica dell’Amministrazione e un segnale inequivocabile verso la “cricca” degli sfruttatori.
Abbiamo più volte richiesto ai suddetti dirigenti e al responsabile del procedimento le motivazioni della mancata adozione, ricevendo solo imbarazzate e imbarazzanti risposte.
Era nostro auspicio che le istanze di legalità e la richiesta di applicazione delle normative in materia di sicurezza, igiene, sanità ed edilizia trovassero maggiore accoglienza nella nuova amministrazione di Roma Capitale. Al momento le nostre speranze risultano completamente disattese.
Una risposta
Che tristezza. A Roma la semplice legalità continua ad essere un obiettivo apparentemente irraggiungibile.
L’incapacità del sindaco di attuarla è ormai certificata. Continuiamo a sperare nel nuovo prefetto ma se non si dà una mossa …