Da mesi tiene banco un delicato dibattito attorno alla vicenda di Villa Aurora a Roma, una dimora seicentesca dove si può ammirare l’unico affresco realizzato da Caravaggio, e non solo.
Con la morte del proprietario, il principe Nicolò Boncompagni Ludovisi, deceduto nel 2018, si è aperto un lungo contenzioso sull’eredità da spartire tra la moglie, la texana Rita Jenette, e i figli del defunto. Il pignoramento di una parte della tenuta, che non è riuscito a mettere d’accordo gli eredi, ha indotto il Tribunale di Roma a mettere all’asta l’intera villa, per un prezzo base di 471 milioni, con un’offerta minima di 353 milioni e rilanci consentiti a partire da 1 milione.
Villa Aurora è ciò che resta dell’allora Villa Ludovisi. Del suo immenso parco, espropriato nel corso dell’Ottocento per far spazio al rione Ludovisi, è rimasto poco, lasciando intatta soltanto la struttura del Casino: un complesso di 2.800 metri quadri disposti su ben sei livelli. Tutte le opere d’arte al suo interno sono sottoposte a tutela secondo la legge sui Beni Culturali del 39.
Villa Aurora o Casino dell’Aurora, è un vero gioiello incastonato nel cuore di Roma, un edificio che vanta la presenza di sale affrescate dal Guercino e l’unica opera muraria di Caravaggio. Un luogo così unico che in un’altra capitale sarebbe diventato già museo.
Henry James disse di Villa Aurora: “Certamente non c’è nulla di meglio a Roma, e forse nulla di così bello”.
Come è stato possibile allora mettere all’asta un immobile di questo valore? La beffa, infatti, nasce dal fatto che lo Stato non è potuto intervenire direttamente nella disputa tra gli eredi e potrà far valere il suo diritto di prelazione solo ad asta ultimata saldando l’offerta più alta. Ed è su questo punto che si è aperto uno scontro tra esperti e intellettuali.
Il professor Alessandro Zuccari è stato difatti incaricato dal Tribunale di stilare una perizia per quantificare il valore delle opere della villa. L’accademico, studioso di opere di Caravaggio, ha consegnato una perizia per un valore commerciale non inferiore al mezzo miliardo di euro, per l’esattezza a 471 milioni di euro. Cifra che ha fatto sobbalzare non pochi, aprendo delle divisioni tra i tecnici del settore.
Infatti, da una parte vi è chi sostiene la non commerciabilità di opere di questa portata di cui dovrebbe godere la collettività, dall’altra c’è chi sostiene che una perizia così alta possa impedire allo Stato di acquistare l’immobile con il suo diritto di prelazione.
Purtroppo, ci sono diverse considerazioni da fare: in primo luogo, il professor Zuccari ha risposto ad un incarico esplicito del Tribunale di Roma di valutare le opere senza sapere che poi il complesso sarebbe stato messo all’asta; in secondo luogo, la perizia è stata effettuata sui valori di mercato di altre opere. Infatti, se una tela da cavalletto di Caravaggio viene stimata intorno ai 150 milioni di euro e una pala d’altare intorno ai 200 milioni, il professor Zuccari, non sapendo dell’asta, come avrebbe potuto sottostimare l’unica opera a muro di Caravaggio?
Sulla decisione di comunicare successivamente la volontà di mettere all’asta l’immobile cadono difatti, in parte, le critiche rivolte a Zuccari sia da parte di Tomaso Montanari sia da parte di Vittorio Sgarbi. Il primo sosteneva l’assurdità della cifra e chiamava alla mobilitazione le persone e lo Stato per impedire il mercimonio di un bene così prezioso. Il secondo auspicava una cifra intorno ai 20/25 milioni di euro, così da permettere allo Stato di far valere in tutta tranquillità la sua prelazione.
Molte sono state le critiche rivolte a queste due prospettive, c’è chi sostiene difatti che, anche se si fosse divulgata da subito la decisione di mettere all’asta la Villa, il valore di 20 milioni di euro avrebbe attirato una platea di interessati molto vasta e l’asta sarebbe stata influenzata in molti modi. Con un valore di 471 milioni di euro, e una base di partenza minima di 353 milioni, con il pagamento immediato del 10% del suo valore ad asta chiusa, il mercato si è automaticamente ridotto, aprendosi soltanto a 20 mila paperoni in tutto il mondo a cui è stata già inviata una mail di notifica del potenziale affare.
C’è poi chi sostiene che mettere in vendita a queste cifre astronomiche un bene così prezioso possa aver finalmente aperto gli occhi delle istituzioni, e non solo, sulla delicata questione della legge che vincola le opere di interesse pubblico, una legge da riformare e potenziare. È qui, infatti, che dovremmo concentrare l’attenzione del dibattito, cercando di mettere ai margini le critiche di accademici e intellettuali che hanno approfittato di questa vicenda per colpirsi attraverso articoli e post sui social e mettersi in mostra con visioni ideologiche. La posizione più interessante, emersa nelle ultime settimane, è quella di chiedere al Ministro Franceschini l’istituzione di una fondazione (pubblico/privata), in attesa di una riforma della legge, che possa intervenire in situazioni del genere, partecipando alle aste per cercare di frenare possibili speculazioni, a partire proprio dall’asta del 18 gennaio su Villa Aurora.
Il punto infatti è che la Villa non è mai stata pubblica, è sempre stata privata e dal 2010 è stata aperta al pubblico sia per attenuare i costi di manutenzione sia per rispettare la Legge sulle opere vincolate dallo Stato. Lo stesso professor Zuccari negli scorsi anni portava in visita i ragazzi dei suoi corsi per ammirare da vicino il murale di Caravaggio, e la famiglia Boncompagni si è sempre resa disponibile. Il problema, quindi, resterà il valore dell’asta e la possibile rivalsa sulla prelazione dello Stato.
Purtroppo, è tutto reale, qui non siamo di fronte a Totò che cerca di vendere la fontana di Trevi. Arriveranno offerte da persone vere, super ricchi interessati più all’affare che al valore inestimabile dell’immobile. Per tutelare la fruibilità e il mantenimento in ottimo stato delle opere è auspicabile una nuova forma di Stato che possa far valere le sue ragioni sia in situazioni di compravendita, con una fondazione, sia come soggetto in grado di intervenire direttamente nella manutenzione delle opere con delle leggi appropriate che garantisca alle famiglie proprietarie il giusto supporto economico evitando di finire in mano a giudici costretti poi a battere all’asta questi capolavori. Parole come “esproprio”, “riappropriazione”, etc sono soltanto termini romantici e polverosi che incendiano gli animi senza affrontare nel merito i problemi legati alla salvaguardia delle opere d’arte.
4 risposte
Non vorrei sbagliarmi… Ma nella prima foto sembra essere Villa Maraini…
Grazie della segnalazione, che ha evidenziato un nostro errore. Abbiamo provveduto ad aggiornare le immagini.
A nostra parziale discolpa possiamo dire di essere stati confusi da diverse pagine internet dove a Villa Aurora vengono associate immagini di Villa Maraini.
Le due ville sono attigue ma differiscono alquanto nello stile e Villa Maraini è riconoscibile per la bandiera svizzera issata in alto, essendo sede dell’Istituto Svizzero.
Anche Wikipedia fa confusione:
https://en.wikipedia.org/wiki/Casino_di_Villa_Boncompagni_Ludovisi
Grazie dagli Stati Uniti per un riassunto equilibrato della storia finora della vendita di Casino Aurora. Perché non citare per nome la prof.ssa Raffaella Morselli, che tre settimane fa su AboutArtOnline.com ha esposto nel dettaglio l’argomento che qui lei privilegia?
Grazie alla Principessa Rita Boncompagni Ludovisi che ha aperto la Villa al pubblico e che ha digitalizzato con aiuti americani l’archivio di questa importante famiglia. Il suo sogno è di trasformare la Villa in un museo aperto a tutti. Speriamo che con l’aiuto dello stato italiano questo si avveri.
Ilian Rachov Artist