Non c’è molto da aggiungere a queste immagini se non fosse che stiamo parlando di un parco tra i più belli e purtroppo vittima di una di quelle storie tutte romane. Chiuso da oltre quattro anni versa in una condizione di abbandono che ferisce. Villa Massimo, a poca distanza da piazza Bologna, è come sospeso in un’altra dimensione temporale. Quella della giustizia italiana, lenta e senza certezze.
Era il gennaio del 2013 quando iniziarono i lavori di riqualificazione del giardino. Una società privata, la Delfi srl, aveva ottenuto la concessione da parte del Comune per risistemare gli alberi ormai anziani e in cambio avrebbe potuto realizzare un asilo nido interno alla pineta. Gli abitanti che affacciano sul parco si allarmarono e presentarono un immediato ricorso al Tar. Il Tribunale bloccò i lavori e da allora è partita la guerra a colpi di sentenze della magistratura.
La Società privata presentò ricorso al Consiglio di Stato e ancora siamo in attesa di conoscere il risultato. Nel frattempo, il Campidoglio ha deciso di chiudere tutto il parco e di non curarne più la gestione se non per le emergenze e per scongiurare eventuali crolli degli alberi. Il Dipartimento Ambiente, che ha in cura (si fa per dire) Villa Massimo avrebbe potuto riaprire il giardino tenendo recintata solo la parte oggetto del contenzioso. Ma ha preferito concentrarsi sulla difesa giudiziaria e non rendere più fruibile la villa. Gli abitanti del quartiere, gli stessi che hanno presentato il ricorso al Tar, hanno più volte sollecitato l’apertura parziale ma fino ad oggi non sono stati ascoltati. Si sono costituiti in un battagliero comitato che però ha ottenuto poco e niente. Chissà, forse molti di coloro che appoggiarono l’iniziativa del ricorso al Tar, oggi si sono pentiti. Anche questo è un aspetto molto comune a Roma: ogni volta che si inizia a realizzare una nuova opera si costituisce un comitato cittadino per bloccarla. Nel caso di Villa Massimo, probabilmente i residenti avevano ragione almeno sotto il profilo giuridico visto che il Tribunale Amministrativo in primo grado ha accolto la loro tesi. Ma dal punto di vista strategico l’azione legale gli si è ritorta contro.
Il risultato, infatti, è stata la solita paralisi. I loro bambini e i loro anziani non hanno più potuto usufruire di un giardino storico.
Le cose forse potrebbero cambiare nei prossimi mesi. La presidente del 2° Municipio, Francesca Del Bello del Pd, ha richiesto che la gestione di Villa Massimo venisse assegnata al Municipio, data l’inerzia dimostrata fin qui dal Dipartimento Ambiente. Dal 18 novembre l’ha ottenuta e ha avviato la redazione di un progetto esecutivo con l’appoggio della Sovrintendenza. I tempi, però, non si annunciano brevi ed è probabile che la situazione di degrado attuale prosegua.
Senza entrare nel caso specifico di questo giardino dove probabilmente la lottizzazione era eccessiva e non garantiva il rispetto delle leggi, il principio generale di assegnare la cura del verde a privati che possano gestire bar o attività nei parchi non è affatto sbagliato. Il Servizio Giardini è ormai allo stremo e se vogliamo mantenere in condizioni dignitose i nostri giardini, questa è una soluzione che viene perseguita in molte città italiane e del mondo. Peccato che spesso gli appetiti dei privati siano smodati e non riescano a fermarsi di fronte l’interesse pubblico e d’altro canto che il Comune non sia in grado di stipulare convenzioni che tengano conto di entrambe le esigenze.
Purtroppo a pagarne il prezzo sono i cittadini ignari, che nel caso di Villa Massimo sono stati privati di un fazzoletto di terra fondamentale.