Abbiamo già segnalato a più riprese come la risposta dell’amministrazione per la crisi del commercio a causa del COVID19 si sia concentrata fin dall’inizio su un’unica categoria di esercenti, minoritari, privilegiati e localizzati essenzialmente nel centro storico di Roma.
Torniamo a parlarne con un contributo giuntoci da persona competente, che cerca di spiegare come venga spacciato per “interesse pubblico” quello che è invece l’interesse commerciale, legittimissimo, di una piccola minoranza di esercenti, per quanto evidentemente molto influenti.
Dalla sua pagina facebook il gaudente Presidente della Commissione Consiliare Commercio di Roma Capitale ci annuncia che “L’Aula Giulio Cesare oggi ha votato la mozione [a sua firma] con cui chiediamo che vengano applicate misure straordinarie per il rilancio del settore commerciale e turistico.”
Si tratta di una nuova mozione che prendendo atto che “molte attività produttive sono state sospese per contenere gli effetti della diffusione del coronavirus” e del grave disagio che vivono le strutture ricettive e delle ricadute negative sugli occupati dei settori, cita l’art. 9 del Regolamento Cosap (Delibera Assemblea Capitolina n. 91/2019) ritenendo che si debbano utilizzare misure straordinarie per la ripartenza dei due settori e che “il pubblico interesse sia rappresentato oggi dalla fruizione sociale degli spazi della nostra città“.
La mozione impegna quindi la Sindaca e la Giunta Capitolina ad adottare strumenti quali:
- la revisione dei PMO “ed il ripristino delle OSP che non erano in contrasto con il pubblico interesse“;
- utilizzare i dissuasori che poi “perimetrano la collocazione di pedane sulla viabilità locale“;
- “supportare la Commissione Consiliare IX Commercio nella modifica dei regolamenti di competenza per […] dare priorità alle concessioni delle osp che potrebbero garantire l’esistenza delle attività produttive”;
- promuovere “progetti di riqualificazione che includano anche la rivisitazione delle OSP in modo tale da poter facilitare la ripresa del settore“.
Per inquadrare la materia di cui stiamo parlando partiamo da alcuni dati certi: le attività commerciali in sede fissa (abbigliamento, calzature, ecc.) a Roma sono 48.000 circa mentre quelle del settore legato alla somministrazione di alimenti e bevande (bar e ristoranti) sono circa 20.000 (dati Camera di Commercio di Roma 2019). Di queste ultime nel territorio del Municipio I ne sono presenti circa 3.500.
Da questo dato dovremmo estrapolare quelle che hanno una occupazione di suolo pubblico nell’ambito di un Piano di Massima Occupabilita’ (PMO), sia elaborato dal Municipio I che dagli Uffici di Roma Capitale; complessivamente si tratta di circa 200 tra strade e piazze interessate diciamo, perché un dato certo non è disponibile, dalla presenza media di circa 5 attività di somministrazione. Fanno quindi circa 1.000 imprese commerciali, dato che corrisponde a circa il 5% di tutte le attività di somministrazione di alimenti e bevande presenti a Roma.
Secondo il sorridente Presidente questi soggetti economici diventano portatori di “interesse pubblico” talmente forte da fondarci la rinascita economia della città e a cui concedere agevolazioni e vantaggi in termini di aumento delle superfici occupabili in concessione che ad altre categorie non sono riconosciuti.
Assolutamente legittimo in quanto è facoltà dell’organo politico individuare, tutelare e porre in essere l’interesse pubblico individuando gli strumenti necessari per realizzarlo. Ma questo percorso non dovrebbe entrare in contrasto con altri interessi pubblici, qualche volta anche con principi costituzionali quali la sicurezza (stradale ed individuale), la tutela del patrimonio storico, artistico e culturale, la salute dei cittadini, visto che il proliferare delle OSP andrebbe a ridurre il distanziamento sociale, i conti pubblici di una Amministrazione pubblica, considerato che i mancati introiti andrebbero a diminuire le risorse economiche per garantire il funzionamento degli asili nido, la manutenzione stradale, le mense scolastiche, ecc.
Abbia il coraggio, il giocondo Presidente, di non nascondersi dietro argomentazioni risibili citate nelle premesse della Memoria circa la sospensione delle concessioni per interesse pubblico utilizzando l’art. 9 della Delibera di Assemblea Capitolina 91/2019 (da lui predisposta), perché quel comma permette all’Amministrazione di “sospendere, modificare o revocare” una concessione in essere per effettuare interventi anche urgenti (lavori stradali, fughe di gas, ecc.) garantendo però al concessionario il riconoscimento di un diverso ammontare del canone da corrispondere. Come risulta, peraltro, insulsa la proposta di utilizzare dissuasori di sosta per concedere pedane per le OSP sulla sede stradale della viabilità locale.
Per quanto riguarda le strade interessate dai PMO bisogna ricordare che quelli presenti nella Città Storica le aree interessate sono tutte vie e piazze pedonali o dove la sosta non è comunque prevista (Piazza Navona, Piazza Barberini, Piazza della Rotonda, ecc).
Per quelli elaborati dal Municipio I e dal Municipio XV il discorso è diverso. Nel Municipio XV il PMO riguarda solamente Piazza di Ponte Milvio dove le OSP sono tutte posizionate sul marciapiede quindi anche qui nulla da fare. Nel Municipio I la situazione è più complicata e va ad incidere prevalentemente in zone con sosta codificata anche tariffata e quindi sarebbe necessario dapprima modificare tutte le disposizioni di traffico sapendo di andare a sottrarre posti auto laddove sono già carenti. Dovrebbe saperlo il nostro Presidente …
In merito poi al tema della riqualificazione attraverso la rivisitazione delle OSP che cosa abbia voluto intendere il Presidente non ci è chiaro. Se lo strumento pensato è simile a quello scelto dal Municipio I denominato “Roma sei mia” allora stiamo veramente a posto. Questo strumento, infatti, prevede che uno o più operatori commerciali della somministrazione presenti su una stessa via o piazza possa presentare progetti di riqualificazione per poi poter spalmare tavolini ovunque in spregio a qualsiasi altro tipo di interesse sia esso legato alla sosta, al parcheggio per portatori di handicap, al decoro, ecc.
Poi ci sarebbe da stabilire quali dissuasori siano utilizzabili perché questi devono essere omologati dal MIT (Ministero dei Trasporti) e, infine, inseriti nel Catalogo Arredo Urbano Commerciale che deve essere approvato con delibera della Giunta Capitolina.
L’impavido Presidente, infine, in pieno delirio di onnipotenza propone di “supportare” sé stesso per modificare i vari Regolamenti che disciplinano la materia quando, in realtà, tale compito dovrebbe spettare agli Uffici competenti. Ma ormai da tempo stiamo assistendo al proliferare di proposte di delibera predisposte dal gioioso Presidente che il più delle volte è stato costretto a rimetterci mano modificandole con ulteriori provvedimenti alla luce dei marchiani errori ed incongruenze che contenevano.
Ci risparmi questa ennesima dimostrazione di incompetenza amministrativa per agevolare, alla fine di tutto questo, una minima, ridottissima platea di soggetti, a cui evidentemente tiene molto, e cerchi di concentrarsi su forme di sostegno che possano coinvolgere più soggetti senza tirare in ballo in maniera strumentale le attività ricettive (alberghi, ecc.) quando poi non gli si destina nessuna forma di agevolazione.
Ci manca solo che prometta “brioche” al popolo affamato e poi ci sarà veramente poco da ridere e molto da piangere per questa nostra povera Città.
Qualcuno potrà trovare fuori luogo il tono un po’ di scherno del testo, ma se solo si pensa ai danni incalcolabili che l’eminenza grigia del commercio romano (non ce ne vorrà l’assessore Cafarotti, ma lo saprà anche lui che non conta nulla, messo lì solo per far fuori il suo rimpianto predecessore) sta facendo concentrando l’attenzione sua, dell’amministrazione e degli uffici nei confronti di una singola categoria di esercenti, si converrà che un po’ di malanimo è comprensibile.
Su questo tema sarebbero ben altre le iniziative che l’amministrazione dovrebbe prendere. Invece, piuttosto che prevedere spazi esterni ulteriori per i locali, spazi che sarebbero sottratti alla pubblica fruizione riducendo il distanziamento dei passanti, perché non immaginare dei modi per superare gli affollamenti dei locali a cui eravamo abituati con la movida romana e che non saranno più sostenibili per evitare i contagi? Perché ad esempio non pensare alla possibilità di individuare spazi più ampi (gli ex Mercati Generali o l’ex Mattatoio, ad esempio) dove provare a rilocalizzare un certo commercio rendendolo compatibile col necessario distanziamento sociale?
Invece no, niente, l’amministrazione è solo capace di mettersi a tappetino davanti a certe categorie senza pensare che così facendo rischiano tutti di dover chiudere luoghi come Campo de’ Fiori o mezzo Trastevere per evitare gli eccessivi affollamenti.